Una “visita-lampo” ma particolarmente intensa e sentita quella di papa Francesco a Prato, preludio al suo passaggio a Firenze, in occasione del V Convegno Ecclesiale Nazionale italiano.
Giunto in elicottero presso il campo sportivo comunale della città toscana, il Santo Padre è stato accolto dal vescovo di Prato, monsignor Franco Agostinelli, dal prefetto Maria Laura Simonetti e dal sindaco Matteo Biffoni.
Trasferitosi in automobile presso la cattedrale di Prato, il Pontefice si è fermato qualche minuto in adorazione del Santissimo Sacramento e in venerazione della reliquia della Sacra Cintola della Madonna.
Dopo aver salutato i membri del Capitolo, alcuni sacerdoti anziani e delle monache di clausura, Francesco è uscito sul pulpito esterno, dove è stato accolto dal caloroso saluto dei fedeli pratesi.
Monsignor Agostinelli ha pronunciato il suo indirizzo di saluto, ringraziando il Santo Padre per aver accettato l’invito, oltre che per aver convocato il Sinodo della Famiglia e il Giubileo della Misericordia.
“Sono venuto come pellegrino di passaggio, poca cosa ma è qualcosa”, ha detto scherzando il Papa, sottolineando poi la qualifica di “città di Maria”, attribuita a Prato per la custodia della succitata reliquia. “Siete fortunati, perché siete in buone mani! Sono mani materne che proteggono, sempre aperte per accogliere”, ha commentato rivolto ai pratesi.
L’esortazione di Francesco ai fedeli presenti è stata quella di ‘cingersi i fianchi’, ovvero di “essere pronti, prepararsi a partire, a uscire per mettersi in cammino”, non rimanendo “chiusi nell’indifferenza”.
Ancora una volta il richiamo è quello ad “uscire per avvicinarci agli uomini e alle donne del nostro tempo”: un atto che “vuol dire rischiare, ma non c’è fede senza rischio”.
L’epoca attuale è segnata da “trasformazioni spesso vorticose” che possono far perdere “il coraggio di cercare la rotta”, preferendo “il rifugio di qualche porto sicuro” e rinunciando a “prendere il largo sulla parola di Gesù”.
Il Signore vuole tuttavia “raggiungere chi ancora non lo ama” e desidera che nei suoi figli si rinnovi la “passione missionaria”, affinché accompagnino “chi ha smarrito la via”, piantino “tende di speranza” ed accolgano “chi è ferito e non attende più nulla dalla vita”.
Il Pontefice ha quindi indicato nel “Sacro Cingolo”, un simbolo di Gesù Cristo che viene per servire i discepoli: “Siamo stati serviti da Dio che si è fatto nostro prossimo, per servire a nostra volta chi ci sta vicino”, ha detto. Un servire il prossimo che ha tanto più valore quando è rivolto ai “lontani”.
Uno speciale ringraziamento è giunto dal Santo Padre alla comunità pratese per gli “sforzi costanti” mostrati “per integrare ciascuna persona, contrastando la cultura dell’indifferenza e dello scarto”, all’insegna di veri e propri “patti di prossimità”.
Citando San Paolo (cfr Ef 6,14), il Papa ha suggerito: “Dobbiamo cingerci di verità. Non si può fondare nulla di buono sulle trame della menzogna e sulla mancanza di trasparenza”.
Optare sempre per la verità, ha sottolineato Bergoglio, “non è facile” ed implica, tra le altre cose, il battersi per la “sacralità di ogni essere umano”, per il “rispetto”, la “accoglienza” e un “lavoro degno”, combattendo “il cancro della corruzione e il veleno dell’illegalità”.
A tal proposito, il Papa ha menzionato il tragico episodio dei sette operai cinesi deceduti l’1 dicembre 2013, nell’incendio del capannone industriale in cui, oltre a lavorare, vivevano in un “piccolo dormitorio in cartone e cartongesso, con letti sovrapposti per sfruttare l’altezza della struttura”.
La sciagura capitata due anni fa “è una tragedia dello sfruttamento e delle condizioni inumane di vita! E questo non è lavoro degno!”, ha esclamato il Pontefice.
Un’ultima esortazione è stata rivolta dal Santo Padre ai giovani, perché non cedano mai “al pessimismo e alla rassegnazione” e tengano sempre a mente l’esempio di Maria che, “con la preghiera e con l’amore, in un silenzio operoso, ha trasformato il sabato della delusione nell’alba della risurrezione”.