Tintinnio di sacre forchette dopo il forte discorso del Papa alla Cei. I vescovi italiani si ritrovano a pranzo per un primo confronto sulle parole che Francesco ha rivolto loro nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, a Firenze. Un discorso lungo e programmatico su quello che la Chiesa italiana dovrebbe essere (una Chiesa “dal volto di madre”, sempre in uscita) e fare (stare vicina alla gente e farsi trasportare dal soffio dello Spirito Santo).
“È stato un discorso fortissimo. Articolato. Bello…”, vocifera un presule mentre si serve al ricco buffet e commenta con i fedeli della sua diocesi le parole di Bergoglio. Alcuni vescovi hanno la faccia più tirata; Francesco non ha risparmiato alcuna durezza nell’attaccare l’ossessione al denaro e al potere che si respira in certe aree della Chiesa. La maggior parte si dice tuttavia pienamente soddisfatta.
E alcuni, alla domanda se abbiano gradito o meno le parole, anche quelle più sferzanti, del Pontefice, alzano il pollice in su e affermano: “Certo! Niente sarà più come prima”. “Il Papa ci ha messo sul tavolo gli spunti per il lavoro di questi giorni”, dicono altri. “Abbiamo già il documento finale”, aggiungono altri ancora.
In particolare mons. Angelo Spinillo, vescovo di Aversa e vicepresidente della Cei, si ferma a parlare con ZENIT a cui dichiara: “Il Papa ci sta chiamando ad uno stile che può essere vissuto personalmente, può essere vissuto nello strutture già organizzate. E ci può aiutare nello snellire queste strutture. Ma certamente lo stile è quello di poter essere partecipi del cammino verso il bene che ogni essere umano cerca, con tutti i suoi difetti”.
Quello che mons. Spinillo porta a casa dopo l’intervento del Vescovo di Roma è “una grande serenità”, una “serenità di apertura di cuore a ciò che sentiamo come ricco di grazia che il Signore ci sta annunziando e a cui ci sta nuovamente chiamando”. “È vero – soggiunge – a volte ci sono delle ‘distrazioni’ nella storia, però il richiamo arriva poi puntuale. E indubbiamente nel tempo che viviamo così variegato di posizioni, di situazioni, di ricerca dell’umanità allora abbiamo bisogno di essere partecipi del dialogo con questa umanità. Un dialogo che ha fiducia di incontrare nell’altro un interlocutore che ha voglia di camminare insieme, di maturare insieme”.
Tutto questo sarà uno stimolo per i lavori del V Convegno ecclesiale nazionale di questi giorni, che – spiega il vicepresidente Cei – “si inserisce nel cammino ordinario della Chiesa, in cui, al di là delle tentazioni di gridare allo scandalo, c’è tanto sviluppo di bene nella quotidianità”. Questo bene “non fa rumore”, dice il vescovo, eppure esso “è verità di accoglienza, di fraternità. Basta vedere anche il clima così gioioso tra i delegati…”. L’auspicio è dunque “che cresca uno spirito di condivisione del dono della grazia di Dio, del dono della vocazione ad essere con Cristo Gesù annunciatori di una vita buona per il mondo intero”.