Un Vangelo odierno che ci presenta, da un lato, un modello da non seguire, dall’altro l’“ideale esemplare di cristiano”. Durante l’Angelus, papa Francesco si è in primo luogo soffermato sul comportamento dei farisei e degli scribi, ai quali Gesù imputa in primo luogo “superbia, avidità e ipocrisia”.
Ai dottori della legge piaceva “ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti” (Mc 12,38-39), celando così la loro “falsità ed ingiustizia”.
Essi si “pavoneggiano in pubblico” ed “usano la loro autorità per ‘divorare le case delle vedove’ (cfr v. 40), che erano considerate, insieme agli orfani e agli stranieri, le persone più indifese e meno protette”, ha ricordato il Papa.
Gli atteggiamenti degli scribi sono ricorrenti anche tra i cristiani di oggi, in particolare “quando si separa la preghiera dalla giustizia, perché non si può rendere culto a Dio e causare danno ai poveri – ha proseguito il Papa -. O quando si dice di amare Dio, e invece si antepone a Lui la propria vanagloria, il proprio tornaconto”.
Nella seconda parte del Vangelo odierno, emerge poi la figura della vedova che, come offerta al Tempio di Gerusalemme, lascia “appena due spiccioli”, a differenza delle cospicue offerte dei più ricchi.
Gesù, però, fa notare ai discepoli che “i ricchi hanno dato, con grande ostentazione, ciò che per loro era superfluo, mentre la vedova, con discrezione e umiltà, ha dato «tutto quanto aveva per vivere» (v. 44)”.
La vedova, “a motivo della sua estrema povertà, avrebbe potuto offrire una sola moneta per il tempio e tenere l’altra per sé. Ma lei non vuole fare a metà con Dio: si priva di tutto. Nella sua povertà ha compreso che, avendo Dio, ha tutto; si sente amata totalmente da Lui e a sua volta Lo ama totalmente. Che bell’esempio quella vecchietta!”, ha commentato il Papa.
Il “metro di giudizio di Gesù” non è quindi nella “quantità” bensì nella “pienezza”. Ciò significa, ha spiegato Francesco, che “tu puoi avere tanti soldi, ma essere vuoto: non c’è pienezza nel tuo cuore […].Ci sono malattie cardiache, che fanno abbassare il cuore al portafoglio…”, ha aggiunto con amara ironia.
Amare Dio “con tutto il cuore” significa però “fidarsi di Lui, della sua provvidenza, e servirlo nei fratelli più poveri senza attenderci nulla in cambio”.
Il Pontefice ha poi riferito un aneddoto raccontatogli durante il suo ministero episcopale a Buenos Aires. Una mamma sta cenando a tavola con i suoi tre figli di 5, 6 e 7 anni (il papà è fuori per lavoro) e bussa alla porta un mendicante.
Domandato ai figli: “Cosa facciamo?”, il maggiore risponde che è il caso di offrire un po’ di cibo a quello sfortunato. La donna, allora, allunga forchetta e coltello verso le cotolette alla milanese già pronte sul piatto dei bambini e fa per toglierne metà.
Il figlio maggiore obietta e propone di prendere altre cotolette avanzate in frigo ma la madre insiste e li convince a donare ciascuno metà del proprio pasto.
“E i figli hanno imparato che la vera carità si dà, si fa non da quello che ci avanza, ma da quello ci è necessario. Sono sicuro che quel pomeriggio hanno avuto un po’ di fame… Ma così si fa!”, ha chiosato il Santo Padre.
“Di fronte ai bisogni del prossimo – ha proseguito – siamo chiamati a privarci (come questi bambini, della metà delle cotolette) di qualcosa di indispensabile, non solo del superfluo”.
Anche quando parliamo di tempo, siamo chiamati a dare il “necessario, non solo quello che ci avanza; siamo chiamati a dare subito e senza riserve qualche nostro talento, non dopo averlo utilizzato per i nostri scopi personali o di gruppo”.</p>
Nell’invocazione finale, il Papa ha chiesto al Signore di ammettere tutti i fedeli “alla scuola di questa povera vedova, che Gesù, tra lo sconcerto dei discepoli, fa salire in cattedra e presenta come maestra di Vangelo vivo”.
Per l’intercessione di Maria, ha infine domandato per tutti “il dono di un cuore povero, ma ricco di una generosità lieta e gratuita”.
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