La Chiesa ha una sola grande missione da compere: “Creare la vera fede in Cristo in ogni uomo, perché ogni uomo trovi la sua verità”. Se si dovesse perdere questo indirizzo universale e divino, mai una società umana potrebbe raggiungere la pienezza delle sue straordinarie potenzialità. L’uomo credente sa, nonostante la sua vera natura sia stata offuscata dal peccato originale e coperta dall’arroganza della disobbedienza a Dio, come il mondo abbia raggiunto la sua originaria qualità con la venuta di Cristo. Ognuno oggi ha il sacro dovere di mantenere questo dono perfetto, “pagato” con la croce, attraverso la testimonianza della Parola. Lo deve preparare di continuo in ciascun campo, sia esso politico, economico, professionale, ricreativo, familiare, sociale, religioso. Necessita perciò uno stile di vita che la società non incoraggia in nessun modo, se non con un quadro esistenziale artatamente costruito sulle debolezze individuali. I risultati sono davanti ai nostri occhi, aggravati dalle mancanze anche di noi cristiani che spesso facciamo il tifo per una Chiesa più temporale e meno profetica. Un atteggiamento che ha permesso ai diversi soggetti dell’informazione, della politica, delle finanze, della realtà nelle sue mille sfaccettature, di rivolgersi al mondo ecclesiale, compreso il Santo Padre, come se si trattasse di una qualsiasi organizzazione umana. Una confusione dovuta sia ad alcune nostre responsabilità, ma soprattutto ai soliti corvi all’interno del Vaticano, veri “camerieri” del male. La necessaria apertura della Chiesa alla reale dimensione del tempo in cui si vive e si opera, come afferma Papa Francesco, non centra nulla con una sua possibile partecipazione attiva ai contrasti spesso solo soggettivi o di gruppo, rappresentativi di interessi, pur sulla carta legittimi, di lobby o di categorie con un concetto molto vago del bene comune.
Possono la politica e l’economia, ad esempio, raggiungere gli obiettivi che a parole sono declamati da tutti nei talk show televisivi o nelle quotidiane promesse, senza una concreta presenza di uomini di fede? Uomini di fede e non sigle di comodo che si richiamino a dei valori che di solito vengono puntualmente sconnessi con le azioni compiute e resi comunque negoziabili dalla realpolitik. Io non credo nel partito dei cristiani o nella finanza cattolica, credo nella capacità del credente di non svendere mai i suoi principi essenziali di riferimento, anche se in minoranza. È un seme che va gettato ogni giorno, accompagnandolo con la preghiera e la testimonianza diretta, in cui l’altro prima o poi avrà la libertà di riconoscersi. È così oggi anche nella Chiesa. Il Santo Padre è combattuto all’interno per la sua missione innovatrice, legata in profondità al vangelo di Cristo. Nessuno però potrà fermare, se mai solo ritardare, un percorso in nome della dignità e della vera libertà dell’uomo. La fede è l’architrave di questa visione necessaria della vita. Il problema, come purtroppo si rileva da una qualsiasi attenta analisi del mondo reale, sta nel fatto che oggi la fede in Cristo Gesù si è persa, così come la fede nel Padre e nello Spirito Santo. A volte solo a parlarne in un qualsiasi consesso sociale, si rischia di essere guardati con uno sguardo di autentica commiserazione. Ma anche la Chiesa ha sempre rischiato, per suo stesso onere, di non essere considerata nella sua potente missione di salvezza e di redenzione. Papa Francesco è qui per riportare la “barca” di Pietro a porti sicuri, visto anche il tentativo, non troppo velato, di ricondurre lo stesso Dio ad un semplice elargitore di misericordia. Non bisogna mai dimenticarsi, scrive mons. Di Bruno, che “la misericordia del Padre è il dono di una purissima fede nel suo mistero dal quale è il mistero dell’uomo”.
Sulla importanza poi di avere ovunque uomini di fede, il sacerdote è ancora più diretto: “Tutta la vita di un uomo è governata dalla sua fede. È la fede il motore della carità e della speranza. Tutto è dalla fede. Se la fede è falsa, tutta la vita di un uomo scorre su un binario di falsità. Falsa di conseguenza sarà la sua carità e la sua speranza. False tutte le sue relazioni con gli uomini e con le cose, con il suo presente e il futuro, con il tempo e con l’eternità”. La fede del singolo, qualunque sia la sua collocazione, se appena abbozzata, non produrrà altro che risultati a stento abbozzati. Cosa diversa gli effetti di una fede forte, stabile, perfetta nella verità, nella carità e nella speranza. Avremmo esempi di vita sorretti dalla Parola e uomini nuovi capaci di fare evolvere la propria personalità e quel positivo pensiero di futuro da tutti invocato, ma spesso cercato solo al di fuori di un autentico atto di credo. È chiaro che nella fede non si è mai perfetti, perché in essa si è sempre in cammino. Il giusto cammina di fede in fede, di verità in verità, di conoscenza in conoscenza. Oggi l’uomo convive con la sua presunta capacità di salvare il mondo. Non si confronta; non si mette in discussione; non si nutre della sapienza della Parola; si auto alimenta di uno strano “relativismo istituzionale”, che tutto alla fine concede e giustifica. Serve un salto di qualità; di rottura con le convenzioni farisaiche; di sconvolgimento delle verità soggettive che celebrano il mito assoluto del momento. È l’unico modo per promuovere l’avanzamento di una concreta e stabile prospettiva di pace, di benessere sociale e spirituale; di salvaguardia della dignità umana delle singole persone, in qualsiasi loro azione civile, politica, economica e religiosa. Servono più che mai, in ogni sede, veri uomini di fede e non più i soliti “camerieri” del male.
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