Man mano che si vive il vangelo, man mano che si pratica l’esercizio della carità e di tutte le virtù che le fanno corona, questo livello cresce in noi fino a raggiungere la santità, espressa nella piena maturità di Cristo.
La massima maturità è raggiunta con il massimo dell’amore. Proprio quell’amore vissuto fino a morirne è l’apice del credente. Per il mondo la morte è la fine di tutto, il fallimento di ogni sogno e di ogni speranza; per il cristiano invece la morte coincide con il massimo dell’amore: “Non c’è amore più grande: dare la vita”.
Solo morendo, il chicco di grano dona vita e si moltiplica. E’ con la morte, con il martirio, con l’offerta cioè della propria vita che l’uomo raggiunge la sua massima efficienza e visibilità vera. Proprio nella morte Gesù si è rivelato Dio: il soldato, che gli stava di fronte, non può fare a meno di esclamare: “Costui è veramente figlio di Dio”.
Ecco perché Ignazio supplicava i suoi fedeli di lasciarlo sparire tra i denti delle fiere. Se mi volete bene lasciatemi dare la vita nel martirio; quando sparirò dai vostri occhi, solo allora sarò cristiano.
Ciao da p. Andrea
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