Parla di riposo Francesco ai 30mila dirigenti e dipendenti dell’Inps (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale), riuniti oggi, per la prima volta nella storia secolare dell’ente, in piazza San Pietro. Anzi, più precisamente parla di “custodia del diritto al riposo”, che “nel linguaggio della fede” ha una dimensione divina non essendo “una semplice astensione dalla fatica e dall’impegno ordinario, ma un’occasione per vivere pienamente la propria creaturalità”. E che, al contempo, ha una dimensione umana e nasce dalla certezza di avere un lavoro sicuro, contrattualizzato, che offre garanzie primarie come la pensione che è un “diritto”.
“Il vero riposo viene proprio dal lavoro – afferma infatti il Pontefice, a braccio -. Tu ti puoi riposare quando sei sicuro di avere un lavoro sicuro che ti dà dignità a te e alla tua famiglia, quando nella vecchiaia sei sicuro che hai la pensione che è un diritto. Sono collegati tutti e due: il riposo e lavoro”.
“Ma se la situazione è quella di disoccupazione, ingiustizia sociale, di lavoro nero, come io mi posso riposare?”. “Possiamo dire che è vergognoso che si dica: ‘Ah, vuoi lavorare? Allora facciamo un accordo da settembre fino a luglio. E poi nei mesi estivi non fai niente, non mangi, non riposi ecc…’. Ma questo succede oggi, succede ovunque e anche qui, a Roma”, dice il Papa.
Richiama quindi l’Inps ad “onorare il delicato compito” di tutelare i diritti legati al lavoro, e in particolare il riposo, che è “sostenuto e legittimato da un’ampia serie di prestazioni sociali (dal giorno di pausa settimanale alle ferie, cui ogni lavoratore ha diritto)”, ma anche e soprattutto “a una dimensione dell’essere umano che non manca di radici spirituali e di cui anche voi, per la vostra parte, siete responsabili”.
In particolare Francesco parla della esigenza di “santificare” il riposo che si lega a quella – riproposta settimanalmente dalla domenica – di “un tempo che permetta di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa”. “Del giusto riposo dei figli di Dio, anche voi siete in un certo senso collaboratori”, afferma, attraverso la “molteplicità di servizi che rendete alla società, tanto in termini assistenziali quanto previdenziali”.
Un “onore”, questo, che diventa al tempo stesso un “onere”. Perché le sfide che si profilano davanti sono tante e anche tanto complesse: esse – sottolinea Bergoglio – “provengono sia dalla società odierna, con la criticità dei suoi equilibri e la fragilità delle sue relazioni, sia dal mondo del lavoro, piagato dall’insufficienza occupazionale e dalla precarietà delle garanzie che riesce a offrire”.
Fino a qualche tempo fa – ricorda poi il Santo Padre – “era piuttosto comune associare il traguardo della pensione al raggiungimento della cosiddetta terza età, nella quale godere il meritato riposo e offrire sapienza e consiglio alle nuove generazioni”. Oggi, invece, “l’epoca contemporanea ha sensibilmente mutato questi ritmi”. Perciò, da un lato, “l’eventualità del riposo è stata anticipata, a volte diluita nel tempo, a volte rinegoziata fino ad estremismi aberranti, come quello che arriva a snaturare l’ipotesi stessa di una cessazione lavorativa”. Dall’altro lato, “non sono venute meno le esigenze assistenziali, tanto per chi ha perso o non ha mai avuto un lavoro, quanto per chi è costretto a interromperlo per i motivi più diversi”.
Il compito, seppur “difficile”, di dirigenti e dipendenti Inps è dunque quello di “contribuire affinché non manchino le sovvenzioni indispensabili per la sussistenza dei lavoratori disoccupati e delle loro famiglie”. “Non manchi – raccomanda il Papa – tra le vostre priorità un’attenzione privilegiata per il lavoro femminile, nonché quell’assistenza alla maternità che deve sempre tutelare la vita che nasce e chi la serve quotidianamente”. Non manchi “l’assicurazione per la vecchiaia, la malattia, gli infortuni legati al lavoro” e non manchi neanche il “diritto alla pensione”.
“Siate consapevoli dell’altissima dignità di ciascun lavoratore, al cui servizio voi prestate la vostra opera”, è perciò l’invito del Santo Padre. “Sostenendone il reddito durante e dopo il periodo lavorativo, contribuite alla qualità del suo impegno come investimento per una vita a misura d’uomo”. E non solo: sostenendo il lavoro sostenete la stessa opera di Dio che si prolunga appunto nel lavorare.
“Il lavoro, infatti, non può essere un mero ingranaggio nel meccanismo perverso che macina risorse per ottenere profitti sempre maggiori; non può dunque essere prolungato o ridotto in funzione del guadagno di pochi e di forme produttive che sacrificano valori, relazioni e princìpi”, precisa Papa Francesco. Questo vale per l’economia in generale, “che non può più ricorrere a rimedi che sono un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi”. E vale, analogamente, “per tutte le istituzioni sociali, il cui principio, soggetto e fine è e deve essere la persona umana. La sua dignità non può essere pregiudicata mai, neanche quando smette di essere economicamente produttiva”.
Insomma, il Papa chiede all’Inps una cosa sola: “Non dimenticare l’uomo”. Questo è “l’imperativo”: “amare e servire l’uomo con coscienza, responsabilità, disponibilità. Lavorare per chi lavora, e non ultimo per chi vorrebbe farlo ma non può. Farlo non come opera di solidarietà, ma come dovere di giustizia e di sussidiarietà. Sostenere i più deboli, perché a nessuno manchi la dignità e la libertà di vivere una vita autenticamente umana”.
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