A quindici anni dalla legge 62/2000, che ha definito il Servizio Nazionale di Istruzione costituito dalla scuola pubblica statale e paritaria, la famiglia non ha ancora il pieno esercizio della libertà di scelta in un reale pluralismo educativo. Si discute in questo senso di introdurre il criterio del costo standard per allievo nell’unico Sistema Nazionale di Istruzione, molto auspicabile in politica di riduzione delle spese e alquanto significativo per una migliore “qualità educante”, che ritrova “insieme” e non solo “accanto” le scuole statali e paritarie, entrambe riconosciute come istituzioni pubbliche al servizio del cittadino.
Attribuendo al colore verde il segno della speranza e del futuro, il volume dal titolo Il diritto di apprendere – nuove linee d’investimento per un sistema integrato (Giappichelli editore) può essere definito il “libro verde” della nuova scuola. Scritto a sei mani da suor Anna Monia Alfieri, Marco Grumo e Maria Chiara Parola, con la prefazione del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, il volume risponde alla sempre antica domanda: “Perché è così difficile ottenere la libertà di scelta educativa in Italia?”
Il prezioso contributo degli autori illustra lo studio di simulazione del “costo standard di sostenibilità per allievo, unificato a livello nazionale”. “Raggiungere quest’obiettivo – come ha anche scritto la Giannini nella presentazione – rappresenterebbe, infatti, un primo passo per comprendere meglio i criteri e i metodi di allocazione delle risorse pubbliche destinate all’istruzione e quindi un ulteriore passo per impostare correttamente il tema della libertà di scelta educativa”.
Strutturato in quattro capitoli, il volume coniuga nella prima parte il diritto di apprendere e la libertà di scelta dei genitori, come ha scritto Maria Chiara Parola: “Da che mondo è mondo spetta alla famiglia il diritto di scegliere l’educazione e l’istruzione dei propri figli”. Nel percorso storico dalle origini della scuola, fino all’evoluzione avvenuta in Francia, dopo la Legge sulla Laicità del 2004, dove viene riconosciuto il pagamento degli insegnanti e viene assegnata una quota per ogni scritto alle scuole pubbliche accreditate, anche se religiose – “a patto che la scuola sia aperta ad allievi di tutte le fedi e segua il programma unico nazionale” – si registra la barriera attuativa e di prevenzione nei confronti della libertà di scelta dei genitori nell’ordinamento scolastico italiano. I genitori sono, infatti, costretti a pagare due volte il servizio d’istruzione e formazione.
Oggi la scuola vorrebbe andare incontro alla famiglia, vuole “farsi scegliere” e restituirle i suoi valori, le intenzioni formative, pur nei limiti di un contesto sociale fragilissimo e, mentre si esalta l’identità relazionale generativa della famiglia, si evidenzia come essa, prima cellula della società, e fondamentale comunità in cui si forma la personalità degli individui, diventa soggetto di diritti e di azioni, che necessitano specifiche e concrete attenzioni da parte dello Stato, mediante una sussidiarietà concreta.
Nel sistema nazionale d’istruzione e formazione, la responsabilità e la libertà di scelte educativa della famiglia costituiscono, infatti, il segno del reale pluralismo culturale, proclamato nella Carta Costituzionale. Con un articolato dossier di citazioni e riferimenti alla Costituzione; alla Dichiarazione universale sui diritti umani; al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturale; al Protocollo addizionale alla Convenzione europea e alla Convenzione internazionale; alla Carta dei diritti fondamentali, sr. Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche e sostenitrice indefessa di tale proposta, sviluppa il tema: “Sistema integrato d’istruzione oggi in Italia e in Europa”, facendo riferimento all’art. 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: “I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai figli”.
Si denuncia il fatto che l’Italia, “pur riconoscendo alla famiglia il diritto di libertà, di scelta educativa, in un sistema policentrico, non garantisce a tutti il diritto di accedervi”. E’ questo uno dei “diritti traditi”, e nel volume viene ribadita la corretta definizione e qualificazione di “pubblico”, che compete anche alle scuole paritarie, le quali svolgono, appunto, un servizio pubblico, come definito dalla Legge 62/2000 sulla parità scolastica.
Le scuole pubbliche, statali e paritarie, anche alla luce della Legge 107/2015 della “Buona scuola” – scrive il prof. Marco Grumo, docente di economia aziendale e contabilità all’Università cattolica e direttore dalla divisione enti non profit di Altis (Alta Scuola Impresa e Società) – sono chiamate a raccogliere una serie di sfide gestionali e il concetto d’imprenditorialità non si esplicita sul profitto secondo la logica economica, bensì sulla finalità educativa e l’efficienza organizzativa, dando risposta ai “bisogni” delle famiglie e degli studenti.
Insieme al prof. Marco Grumo, suor Anna Monia pubblica un primo studio di simulazione in tema di determinazione, costruzione e funzionamento del parametro di finanziamento “costo standard si sostenibilità” da applicare alle scuole pubbliche italiane, statali e paritarie. E’ questo un sistema di finanziamento innovativo e positivo per gli studenti e le famiglie e riporta i risultati condotti su un campione di scuole paritarie e statali, analizzando i corrispondenti bilanci annuali. Il processo standard di sostenibilità è stato ipotizzato per la scuola dell’infanzia, tenendo conto di tutti i parametri che investono le strutture, le attrezzature, i sussidi, i progetti didattici ed anche la presenza dell’alunno disabile.
Nel quarto capitolo del volume vengono determinati i parametri di finanziamento “costo standard” per le scuole dell’infanzia, primaria secondaria di primo e secondo grado ed in particolare del liceo classico, scientifico, linguistico e dell’istituto tecnico turistico. Un ricco corredo di schede e tabelle impreziosisce il volume, che presenta un’accurata documentazione di comparazione con le scuole degli altri Stati d’Europa e di analisi dettagliata dei costi del personale, secondo i parametri del Contratto di lavoro, i costi di pulizia, le convenzioni, la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali.
Appare ben evidente che, applicando questo modello organizzativo, lo Stato spenderebbe molto meno, risparmiando 17 miliardi annui, come dimostrano e documentano gli autori. E coniugando le ragioni dell’economia e i principi del diritto, si potrà dare concretezza alla Costituzione Italiana, in vista di una democrazia pienamente realizzata, restituendo ai genitori la pienezza del compito educativo.