È uscito in questi giorni il libro Per la fede. Per i fratelli. Elementi significativi della storia della Chiesa di Roma dal I al IV secolo (Albatros, pp. 205, euro 13,90). Ne è autore lo storico prof. Pier Luigi Guiducci, docente presso il Centro Diocesano di Teologia per Laici (Lateranense). L’iniziativa si colloca nell’ambito del Giubileo della Misericordia, ed è mirata a far comprendere a ogni fedele l’importanza di una città ove gli apostoli Pietro e Paolo testimoniarono Cristo fino al martirio. ZENIT ha rivolto all’autore una serie di domande sull’opera appena stampata.
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Prof. Guiducci, perché un nuovo libro sulla Chiesa di Roma?
Perché, da più parti, si chiedeva un testo che presentasse gli elementi più importanti di una storia ricca di sviluppi, di drammi, di luci…
Perché in occasione del Giubileo indetto da Papa Francesco?
Perché i Giubilei cristiani sono sempre stati indetti dal Vescovo di Roma, dal Papa. I pellegrini acquistavano (e acquistano) l’indulgenza visitando le basiliche patriarcali. Era quindi utile focalizzare il ruolo della Chiesa di Roma, anche se nell’attuale Giubileo ricoprono un ruolo molto importante le diverse Chiese locali.
Quali sono gli argomenti affrontati nel libro?
Lo sviluppo missionario, i caratteri propri della Chiesa di Roma, la celebrazione dei Sacramenti, il rapporto impero-Chiesa, le apologie a favore del Cristianesimo, i cimiteri, la pax costantiniana.
Dagli studi realizzati emergono alcune novità importanti?
Intanto, sono da ricordare i risultati degli scavi che hanno riportato alla luce tracce evidenti delle “chiese domestiche”: dalla zona del Corso (antica via Lata), in S. Maria in via Lata, in S. Marco, in S. Lorenzo in Lucina, fino a S. Lorenzo in Damaso, S. Girolamo della Carità e a tante altre chiese antiche dell’Esquilino, Aventino e Quirinale. Unitamente a ciò, non si possono poi dimenticare le ricerche effettuate presso il sepolcro dell’apostolo Paolo.
Nelle annotazioni di sintesi Lei delinea alcuni elementi-chiave che riguardano la Chiesa di Roma dei primi secoli. Vogliamo ricordarli?
Sì. Certamente. La storia degli inizi della Chiesa di Roma è caratterizzata da gesti poveri, umili, semplici. I primi Papi vivono nelle case. I fedeli offrono alla comunità quello che hanno. Ci si preoccupa dei malati. Si accolgono i fratelli che provengono da lontano. È inoltre una Chiesa illuminata dai “testimoni” dell’unico Maestro. Paolo arriva nell’Urbe in catene. Pietro è presto individuato da chi è ostile alla nuova religio. I Protomartiri romani provengono dagli ambienti più diversi. Affronteranno delle morti tragiche (anche sbranati da animali).
Un’ulteriore caratteristica?
Siamo in presenza di una missio segnata dalla fatica. I primi fedeli sono invitati ad ascoltare la “Buona Novella”. A comprenderla. A viverla nel quotidiano. E, contemporaneamente, devono essere capaci di annunciarla. Così da coinvolgere nuove persone. Tutto questo non era semplice. Certamente la missio è ostacolata da quanti non comprendono i “misteri” cristiani. Tenga conto che per i cristiani non era possibile sviluppare immediatamente un annuncio integrale. Era necessario procedere per gradi, al fine di evitare confusioni, interpretazioni inesatte, diffusione di dottrine eterodosse.
Tutto questo avviene in un contesto in cui sono radicati altri culti…
Sì. La missio è gravata da un contesto reso difficile da più elementi: il paganesimo con i suoi culti, la pax deorum (che implica precise cerimonie di omaggio alle divinità), il culto dell’imperatore, i commerci legati ai rituali, gli aspetti di decadimento morale, l’ostilità degli ebrei presenti nell’Urbe (già prima dei cristiani).
In tale contesto, come procedono i primi cristiani?
Devono organizzarsi in un modo capace di evitare squilibri sociali (attriti, prove di forza), mentre proseguono nell’impegno a spianare la strada a un itinerario di conversione a Cristo. Nel loro apostolato avranno a favore alcuni fattori…
Quali?
Certamente la concretezza del Cristianesimo (non si annunciano vaghe dottrine, ma si presenta una Persona; la fede implica anche opere). Ma non sono da perdere anche altri aspetti:
-una corrente di pensiero nel mondo pagano che prende di fatto le distanze da alcuni culti, e soprattutto da talune storie troppo umane per essere divine;
-una tendenza al monoteismo che emerge (senza irrompere) nel mondo religioso dell’ellenismo;
-una volontà in alcuni ebrei ad accogliere la novità-chiave del Cristianesimo: il Messia si è veramente manifestato.
Guardando a tutto il lavoro svolto, si possono sottolineare delle considerazioni?
Siamo in presenza di una storia ove certamente sarà necessario l’elemento dell’autorità, quello programmatorio, e quello organizzativo, ma dove diventa indispensabile non perdere mai di vista due realtà-chiave: la fede e i fratelli.
La fede…
La fede non è solo un fatto di coesione, è soprattutto un vissuto. Il fedele non segue solo per imparare ma per vivere. Non partecipa solo per ascoltare ma per ritrasmettere. Non si ritrova solo con i correligionari per confermare una presenza ma per partecipare all’Eucaristia. Non segue solo un modo diverso di leggere nella storia ma proclama il Credo.
I fratelli…
I fratelli, a loro volta, non costituiscono una mera cornice a dei momenti celebrativi, ma sono parte viva dell’unica Chiesa di Cristo. Fanno parte dei salvati. Sono stati redenti con il Sangue del Figlio di Dio. Non è gente estranea. Camminano lungo le vie del Disegno divino, della Sua Provvidenza. È da questa unità, da tale comunione, che la Chiesa diventa lumen gentium, segno di una realtà superiore: è mistero e sacramento di Salvezza. I fedeli ne diventeranno consapevoli in modo progressivo.
In conclusione…
Questi due elementi, la fede e i fratelli, costituiscono il patrimonio che verrà offerto ai cristiani dei secoli successivi fino ad arrivare ai tempi attuali. Non costituiscono due realtà tra loro indipendenti. La fede in Cristo spinge i credenti ad essere membra vive del Suo Corpo Mistico, la Chiesa. E il partecipare alla vita della Chiesa provoca a vivere ogni attimo di vita come un permanente offertorio “a Lui”, all’Amore Misericordioso. In tal modo la charitas (che proviene da Dio) supera l’humanitas (sforzo umano) e si tramuta in diaconìa. Quest’ultima manifesta i tanti carismi presenti nei battezzati. E fa bella la Chiesa in cammino.