Il “dono della misericordia” è il principale annuncio che la Chiesa è chiamata a trasmettere “in questo tempo di grandi cambiamenti”. Lo ha detto papa Francesco durante l’udienza concessa ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio della Nuova Evangelizzazione, il dicastero attualmente impegnato nella preparazione del Giubileo Straordinario della Misericordia.
I tempi che viviamo, ha spiegato il Papa, si presentano come una “felice provocazione a cogliere i segni dei tempi che il Signore offre alla Chiesa perché sia capace – come ha saputo fare nel corso di duemila anni – di portare Gesù Cristo agli uomini del nostro tempo”.
Portando avanti una “missione sempre identica” ma con un “linguaggio rinnovato”, i cristiani del XXI secolo si impegneranno dunque a far sì che la “Tradizione cattolica possa parlare alle culture del mondo di oggi e aiutarle ad aprirsi alla perenne fecondità del messaggio di Cristo”.
Gli uomini si attendono oggi una Chiesa che “sappia camminare con loro offrendo la compagnia della testimonianza della fede, che rende solidali con tutti, in particolare con i più soli ed emarginati”.
Le “periferie esistenziali” odierne sono piene di uomini e donne “poveri nella fede”, condizionati da una società “consumista” e “atea”, che attendono la “vicinanza” e la “solidarietà” di chi porta il “Vangelo che libera”, con il suo “annuncio dell’amore di Dio che, in Gesù Cristo, ci chiama a partecipare della sua vita”.
Francesco ha poi precisato cosa sia davvero la “nuova evangelizzazione”: “prendere coscienza dell’amore misericordioso del Padre per diventare noi pure strumenti di salvezza per i nostri fratelli”.
Con la catechesi, quindi, i cristiani fanno “esperienza della misericordia di Dio. Non un’idea astratta di misericordia, ma un’esperienza concreta con la quale comprendiamo la nostra debolezza e la forza che viene dall’alto”.
Il primo passo è infatti l’invocazione della “misericordia di Dio verso di noi”: e Lui viene a “salvarci dalla condizione di debolezza in cui viviamo”, aiutandoci a “farci cogliere la sua presenza e la sua vicinanza”.
Segue poi l’accoglienza dello Spirito Santo, “protagonista dell’evangelizzazione” ed “artefice della crescita della Chiesa nel comprendere la verità di Cristo. È Lui che apre il cuore dei credenti e lo trasforma perché il perdono ricevuto possa diventare esperienza di amore per i fratelli”, ha proseguito il Pontefice.
È sempre lo Spirito ad aprire “la mente dei discepoli di Cristo” affinché comprendano più a fondo “l’impegno richiesto e le forme con le quali dare spessore e credibilità alla testimonianza”.
La domanda su come stiamo educando alla fede, pertanto, non è “retorica” ma è “essenziale” e richiede una risposta colma di “coraggio, creatività e decisione di intraprendere strade a volte ancora inesplorate”.
La catechesi, come “componente del processo di evangelizzazione”, ha dunque bisogno di “andare oltre la semplice sfera scolastica, per educare i credenti, fin da bambini, ad incontrare Cristo, vivo e operante nella sua Chiesa”.
È proprio l’incontro con Cristo che suscita il “desiderio di conoscerlo meglio e quindi di seguirlo per diventare suoi discepoli”. La sfida della nuova evangelizzazione e della catechesi, pertanto, “si gioca proprio su questo punto fondamentale: come incontrare Cristo, qual è il luogo più coerente per trovarlo e per seguirlo”, ha quindi concluso il Santo Padre.