Quasi 700 tra insegnanti, genitori con figli, religiosi delle scuole cristiane d’Israele hanno organizzato questa mattina, a Gerusalemme, una manifestazione per denunciare le politiche discriminatorie subite dal governo. Un evento senza precedenti, che si è svolto nella piazza davanti al palazzo Lev Ram, sede del Ministero dell’educazione, dove i manifestanti hanno esposto ampi pannelli e distribuito volantini in cui sono condensate le ragioni dell’inedita protesta.
“Si tratta di una manifestazione pacifica e rispettosa, per dire che vogliamo essere trattati come gli altri, sia dal punto di vista economico che su quello della libertà di educazione” ha spiegato all’agenzia Fides padre Abdel Masih Fahim, direttore dell’Ufficio delle scuole cristiane.
Alla manifestazionehanno preso parte anche vescovi di diverse Chiese cristiane, compresi i vescovi William Shomali e Giacinto Boulos Marcuzzo, del patriarcato Latino di Gerusalemme.
Le scuola cristiane in Israele sono frequentate da 30mila studenti, dei quali solo la metà sono cristiani. La maggior parte di esse era attiva già prima della costituzione dello Stato d’Israele. Ottenendo risultati accademici elevati, esse formano gli allievi secondo i valori cristiani dell’amore per il prossimo, del perdono e della tolleranza, alimentando con il loro lavoro quotidiano una sensibilità aperta alla convivenza e vaccinata contro ogni settarismo. Come si legge in un comunicato diffuso in occasione della manifestazione, “le scuole cristiane appartengono alla categoria delle scuole “riconosciute ma non pubbliche” e ricevono un finanziamento parziale dal Ministero. Il resto dei costi è coperto dalla quota corrisposta dai genitori”.
Da anni, il Ministero dell’educazione tenta di ridurre il budget delle scuole cristiane (negli ultimi dieci anni del 45%), e questo ha costretto le scuole cristiane ad aumentare il costo a carico delle famiglie. Il taglio dei finanziamenti pesa soprattutto sui genitori della parte della popolazione araba israeliana per i quali, come è noto, il reddito medio famigliare è sotto la media nazionale.
Un comitato nominato dall’Ufficio delle Scuole Cristiane in Israele ha condotto delle trattative per otto mesi con il Ministero e il Ministero ha proposto che le scuole divengano scuole pubbliche. Questa proposta è interpretata dai titolari delle scuole (chiese, monasteri…) come la fine dell’impresa educativa cristiana, basata sui valori cristiani, e un colpo gravissimo alla minoranza cristiana in Terra Santa. Alla luce di questi fatti, le scuole cristiane hanno interrotto i colloqui.
“Si tenta di imporre anche nelle scuole elementari cristiane un sistema di insegnamento standard già operante nelle scuole ebraiche e in quelle arabe governative” spiega a Fides padre Abdel Masih Fahim “che cancellerebbe la specificità del loro approccio educativo. E anche i professori risultano penalizzati rispetto ai colleghi delle altre scuole, in merito ai loro diritti di lavoratori”.