A volte sfugge, ma la Confessione è il sacramento della misericordia e del Perdono per eccellenza.
L’inginocchiatoio del confessionale è il luogo dove ci si confida con il Padre eterno, dove si libera l’anima dalle pene, dagli affanni, dalle paure e dalle preoccupazioni, dove il confessore dispensa il perdono di Dio.
Diffidenza, pregiudizi e luoghi comuni, fanno sì che molti non si avvicinino con frequenza ai confessionali.
Ed è proprio per spiegare il sacramento del perdono e della comunione, Don Arturo Cattaneo, e Fra Elia Coviello, hanno scritto il libro Che svolta! Una guida alla confessione dei giovani, edito da Elledici.
Per saperne di più ZENIT ha intervistato don Arturo Cattaneo, sacerdote della Prelatura dell’Opus Dei, dottore in Diritto canonico e in Teologia, docente di entrambe le discipline a Pamplona, Roma, Venezia e Lugano, autore di numerose pubblicazioni nell’ambito canonistico, ecclesiologico e pastorale, consultore del Pontificio Consiglio per i Laici e membro della Commissione teologica della Conferenza episcopale svizzera.
Un libro affinché l’Anno Santo della Misericordia sia fruttuoso?
È quanto auspico. Il Papa ci ha infatti ricordato che la Chiesa è chiamata – particolarmente nell’Anno Santo – “a rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia”. Ciò avviene specialmente attraverso il sacramento della Confessione o della Penitenza, che forse sarebbe meglio chiamare della Misericordia. In questo sacramento, ha aggiunto il Pontefice, “siamo toccati con tenerezza dalla mano di Dio e plasmati dalla sua grazia” (Omelia del 13.II.2015).
Non ci sono già tanti libri sul tema?
Sì, ma la Confessione – soprattutto tra i giovani – continua ad essere un sacramento “difficile”, quasi “ostico”, nonostante ci siano splendide testimonianze di chi scopre o riscopre la bellezza di confessarsi. Non è del resto difficile rendersi conto di quanto la Confessione possa aiutare i giovani, negli anni a volte un po’ burrascosi dell’adolescenza.
Come apprezzare la Confessione?
Il primo punto su cui riflettere non può che essere la grandezza della misericordia di Dio, come ha ricordato il Papa, affermando che “Dio non si stanca mai di perdonarci”. Nella giustizia umana i colpevoli, anche se si riconoscono tali e si pentono e chiedono perdono, vengono condannati. Dio, invece, assolve e dimentica tutto! Inoltre, come ben spiega lo YouCat, la Confessione ci permette di “ricominciare sempre da capo; senza più i fardelli e le ipoteche di ieri, con nuova forza. Chi si è confessato apre una pagina nuova e bianca nel libro della propria vita” (YouCat 226).
Avete intitolato un capitolo Il sacramento della gioia. Come lo spiegate?
Così lo chiamava volentieri San Josemaría, un sacerdote che si prodigò molto per far apprezzare il valore della Confessione. Il frutto del perdono e del riavvicinarsi a Dio, è certamente una grande gioia e pace. Ricordando la parabola del figliol prodigo, il Papa ha detto: “Ogni volta che noi ci confessiamo, Dio ci abbraccia, Dio fa festa!” (Udienza generale, 14.II.2014).
Cosa dite a chi non capisce perché si debba confessare ad un sacerdote i propri peccati, potendo rivolgersi direttamente a Dio?
Nessuno, meglio di Gesù, conosce l’uomo e se ha scelto questo modo per concederci il suo perdono, è perché ci conviene. Infatti, come ha ben spiegato mons. Bruno Forte, “confessarsi da un sacerdote è tutt’altra cosa che farlo nel segreto del cuore, esposto alle tante insicurezze e ambiguità che riempiono la vita e la storia. Da solo non saprai mai veramente se a toccarti è stata la grazia di Dio o la tua emozione, se a perdonarti sei stato tu o è stato Lui per la via che Lui ha scelto” (Lettera pastorale 2005).
Quale sarebbe “la cosa più importante per una buona Confessione”?
Non è il ricordare tutti i peccati, o l’accusa dettagliata delle proprie colpe, non è nemmeno il bravo confessore, ma è il pentimento per i propri peccati, con i quali ci siamo allontanati da Gesù che ci ha amati e tanto ci ama! Perciò la Confessione è un lasciarsi amare, lasciarsi perdonare, lasciarsi “rifare”: questa sì che è una svolta!
Che dire, invece, a chi pensa di non aver peccati da confessare?
Forse che dovrebbe prestare un po’ più d’attenzione alla sua salute spirituale. È curioso quanto la gente si preoccupi e si impegni per la salute e la bellezza del proprio corpo, trascurando invece quella dell’anima. Per il benessere del corpo è importantissimo il sangue, tanto che ci sono ben tre organi che continuamente lo purificano e gli forniscono le sostanze necessarie: i reni, il fegato e la milza. Anche la nostra anima ha bisogno di essere purificata e alimentata. Il grande mezzo che Dio ci offre è la Confessione. Grazie ad essa, possiamo eliminare le scorie, neutralizzare i veleni che possono esservi penetrati e rafforzare la nostra vita spirituale mediante il fuoco dell’Amore di Dio che purifica, rigenera e rafforza. Una bella testimonianza ci è stata offerta dal Papa quando, durante l’udienza generale del 20 novembre 2013, ha detto: “Anche il Papa si confessa, ogni 15 giorni, perché anche il Papa è un peccatore”.
E come la mettiamo con la vergogna a confessare certi peccati?
Ecco pronta per questa difficoltà la risposta del Papa. “C’è chi dice: ‘Ma padre, io mi vergogno…’. Anche la vergogna è buona, perché vergognarsi è salutare. Quando una persona non ha vergogna, nel mio Paese diciamo che è uno ‘svergognato’: un ‘sin vergüenza’… quando poi uno finisce la Confessione esce libero, grande, bello, perdonato, bianco, felice. È questo il bello della Confessione!” (Udienza generale, 14.II.2014).
Altri consigli ai giovani sulla Confessione…
Eccone uno: iniziare la Confessione, dicendo ciò che ci pesa maggiormente, di cui più ci vergogniamo. Come un soldato che, giunto alla fine di una faticosa marcia, non inizia a togliersi di dosso qualche sassolino, ma si libera anzitutto della cosa più pesante, lasciando per ultime le più leggere.
Il libro raccoglie anche testimonianze sulla confessione, fatte da diversi santi e sante.
Sì, Santa Teresa di Lisieux racconta nella sua autobiografia l’impressione che le fece un’immagine di Gesù Crocifisso con le gocce di sangue che scendevano da una sua mano trafitta e sembravano cadere nel vuoto: “Che pena vedere quel Sangue cadere a terra senza che nessuno si desse premura di raccoglierlo” (Storia di un’anima, n. 132).
Poi c’è un famoso sogno di San Giovanni Bosco, nel quale egli affronta un bestione impegnato a far sì che i ragazzi non si confessassero o, almeno, non si confessassero bene. Alla fine sconfigge quel demonio, obbligandolo a rivelargli il significato dei tre lacci con cui tendeva trappole ai giovani: il primo “è fare tacere ai giovanetti i loro peccati in Confessione, il secondo è spingerli a confessarsi senza dolore e il terzo è il non fare proposito fermo e non seguire gli avvisi del Confessore”.
Infine, perché la Madonna?
Perché la Madonna è la nuova Eva che, ai piedi di un altro albero – la Croce – ripara con il suo “sì”, di perfetta obbedienza, il peccato dell’uomo. In tal modo ella, come ogni mamma, partorisce la salvezza per noi attraverso il dolore.