Ieri, giovedì 21 maggio, un gruppo terroristico jihadista ha rapito padre Jack Murad, superiore del convento di San Elian della chiesa siro-cattolica nel villaggio di Qariaten, a 85 km dalla città siriana di Homs. La notizia è stata confermata oggi dall’arcidiocesi siro cattolica di Homs, che ha chiesto a tutti i fedeli “di invocare il Signore nella preghiera affinchè padre Jack sia liberato e possa tornare alla sua vita di preghiera, al servizio dei fratelli e di tutti i siriani”.
Secondo le prime ricostruzioni, padre Murad, 40 anni, é stato prelevato insieme al diacono Butros Hanna nel Monastero di Mar Elian. I sequestratori – conferma anche Fides – hanno costretto il religioso a mettersi alla guida della propria auto ordinandogli, sotto la minaccia delle armi, di dirigersi verso una destinazione sconosciuta. Fonti locali consultate dall’agenzia, ipotizzano che dietro il rapimento ci siano gruppi salafiti presenti nella zona, che si sono sentiti rafforzati dai recenti successi dei jihadisti di al-Nusra e dello Stato Islamico in territorio siriano.
L’ultimo messaggio mandato da padre Murad ad un suo amico presagiva quello che sarebbe accaduto poche ore dopo: “Gli estremisti dell’IS si avvicinano alla nostra città. A Palmira hanno ucciso molta gente decapitando centinaia di persone. Pregate per noi”, si legge nel testo.
Padre Jack è priore del Monastero di Mar Elian e parroco della comunità di Qaryatayn, a 60 km a sud est di Homs. L’insediamento monastico, collocato alla periferia di Quaryatayn, rappresenta una filiazione del Monastero di Deir Mar Musa al Habashi, rifondato dal gesuita italiano p. Paolo Dall’Oglio, rapito anche lui il 29 luglio 2013 mentre si trovava a Raqqa, capoluogo siriano da anni sotto il controllo dei jihadisti dello Stato Islamico.
Nel Monastero sono stati ospitati centinaia di rifugiati, compresi più di cento bambini sotto i dieci anni. Il superiore e i suoi amici hanno provveduto a trovare il necessario per la loro sopravvivenza anche ricorrendo all’aiuto di donatori musulmani.
Rapimenti e sequestri sono ormai una pratica diffusa tra i gruppi jihadisti considerati fonte di guadagno e metodo efficace di finanziamento. In particolare, civili cristiani, preti e religiosi sono presi di mira sia per eventuali pagamenti per il rilascio, sia perché considerati vicini al governo di Damasco, e dunque un’ostacolo alla realizzazione del cosiddetto Stato Islamico, in una sorta di pulizia etnico religiosa.
Dall’inizio del conflitto siriano diversi civili e religiosi hanno perso la vita semplicemente il loro essere cristiani. Due giovani preti, Kayal e Muawad, sono spariti nel nulla, e dei due arcivescovi Ibrahim e Yazji, rapiti a nord di Aleppo da un gruppo qaedista, si sono perse completamente le tracce.