Da ieri sera la città di Ramadi, capoluogo della provincia di Al Anbar, è sotto il pieno controllo dello Stato Islamico. La città, a 100 km ad ovest dalla capitale Baghdad, assediata da settimane e già in parte occupata, è caduta nelle mani dei terroristi dopo due giorni di combattimenti nelle strade e nonostante il supporto di incursioni aeree della coalizione Usa.
550 le persone che hanno perso la vita in questa nuova offensiva dei jihadisti, i quali – riferiscono fonti locali – hanno conquistato anche il comando provinciale delle Forze armate irachene. Tra ieri e oggi circa 8milla civili sono stati costretti a fuggire, andandosi ad aggiungere ai 114mila che già avevano abbandonato Ramadi e i villaggi circostanti per sfuggire alle violenze, l’aprile scorso.
Dal giugno 2014, dall’inizio, cioè, dell’offensiva dei miliziani in Iraq, ad oggi, la caduta di Ramadi rappresenta la peggiore sconfitta militare subita dal governo iracheno. Il quale, tuttavia, non si dà per vinto e annuncia, per bocca del premier Haidar al Abadi, di non avere nessuna intenzione di lasciare nelle mani dello Stato Islamico il capoluogo iracheno. Le truppe non si ritireranno dalla provincia di Al Anbar, ha confermato infatti al Abadi alla Tv di Stato; allo stesso tempo – ha aggiunto – le milizie sciite alleate dell’Iran sono pronte ad intervenire in battaglia contro i terroristi al fianco delle forze lealiste.
Si ripeterebbe dunque la scena di due mesi fa, quando le stesse milizie sciite hanno avuto un ruolo determinante nella liberazione di Tikrit, città natale di Saddam Hussein, a nord dell’Iraq. Diverse fonti hanno rivelato, tuttavia, che una volta entrati nella città, i militari avrebbero commesso crimini e saccheggi.
Da parte sua, l’Isis ha diffuso in rete un audio messaggio, in cui una voce – attribuita al leader Abu Bakr al Baghdadi -, grida: “Dopo Ramadi, libereremo Baghdad e Karbala!”. Della registrazione non è stata verificata ancora l’autenticità.
Intanto l’Isis continua a marciare su Palmyra, città simbolo nell’est della Siria, giungendo a 5 km dai famosi siti archeologici, inseriti nel patrimonio dell’Unesco, di cui si teme la distruzione. Alcune unità hanno conquistato numerose posizioni, comprese quelle ad al Amiriya, a nord, e già si segnalano perdite tra i civili. L’Osservatorio siriano parla di 26 persone, accusate di essere pro-regime, assassinate dai terroristi in un villaggio a est della città. Dieci di queste sono state uccise per decapitazione.