Lettura
Pianto, gemito, tristezza, dolore: sono le quattro dimensioni della sofferenza che Gesù preannuncia, quale esperienza drammatica dei discepoli nel tempo del silenzio-assenza di Dio. È il tempo che dal Getsemani si snoda fino alla collina del Golgota, il “frattempo” teso fra la preghiera di Gesù per l’unità e l’unità dei discepoli nel Cenacolo attorno al Crocifisso Risorto. È lo iato della morte, il segmento del nulla per il tutto, il travaglio di doglie il cui estuario è il dono della vita per tutti.
Meditazione
Nel testo del Vangelo odierno, Gesù insegna ai suoi discepoli che il silenzio è la grammatica della parola, come il dolore è la sintassi dell’amore. Nel mondo d’oggi, purtroppo, il silenzio è bandito. Impaludati nel corso continuo del rumore, gli uomini hanno smarrito la via stretta e discreta che porta alle profondità dell’esistenza e alle altezze dello spirito. Ma l’habitat naturale e originario dell’uomo è il silenzio. Nel grembo materno, infatti, la piccola creatura lievita e vive nel silenzio e infante è il suo primo nome, cioè senza parola. Eppure vive come il chicco di grano: al grembo della terra viene affidato e nel silenzio del solco va spegnendo ogni gemito vitale perché silenziosamente altro possa divenire. Non c’è rumore nel fecondo silenzio del seme, che muore per dare la vita. Non c’è rumore nel suo germogliare e neppure nel suo offrirsi alla tortura della pietra che lo trasforma in farina… Senza “spazio interiore” visitato dal silenzio non c’è libertà interiore. Per questo occorre alzare grate di silenzio dentro di noi, se vogliamo sentir cantare il nostro cuore e udire il battito d’ali del pensiero, che s’innalza verso il cielo di autentica parola. Il silenzio è l’omaggio che la parola rende allo spirito; mentre lo spazio dello spirito, là dove esso può aprire le sue ali, è il silenzio. La Parola squarcia il velo dell’Inaccessibile per farsi carne e accompagnarsi agli uomini. Dopo trent’anni di silenzio, apre il segmento delle parole per poi ritornare al silenzio dell’amore, l’amore più grande: dare la vita. Soltanto nascondendosi, Dio si manifesta. Soltanto tacendo, Dio parla al cuore dell’uomo. Silenzio e Parola sono due movimenti della stessa partitura, due voci di uno stesso coro. Solo nella melodia che si crea tra parola e silenzio si può sviluppare la relazione. Mentre per troppa fretta si rischia di far mancare respiro ai moti dell’anima, che necessitano di distendersi nella grammatica della relazione intessuta di ascolto e amore.
Preghiera
Signore Gesù, in te comprendo che il Mistero di parola e silenzio avvolge di luce le mie umane miserie, perché la paura ceda il passo al coraggio e nel dolore fiorisca la gioia d’eloquente amore. Amen.
Agire
Oggi vivrò il silenzio come grammatica della parola e offrirò con gioia ogni dolore quale sintassi dell’amore.
Meditazione a cura di mons. Mario Russotto, vescovo di Caltanissetta, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it