La via crucis dell’abbandono e l’accoglienza dell’adozione

Le ferite nel passato dei figli adottivi sono un segno eloquente del loro dolore ma anche la fessura da cui i genitori possono osservare il loro cuore

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La via crucis al Colosseo di quest’anno ha visto protagonista una famiglia adottiva nell’atto di portare la croce. Questo gesto simbolico rivela una realtà molto profonda sul significato della missione adottiva. Adottare non significa solamente accogliere un bambino rimasto privo di una famiglia. Adottare vuol dire prima di tutto condividere il cammino della vita, portando con pazienza, coraggio e speranza la croce dell’abbandono vissuto dai figli.   

L’adozione nasce dalla consapevolezza che ogni persona adulta non può volgere lo sguardo da un altra parte quando tanti bambini nel mondo soffrono ingiustamente la piaga dell’abbandono. È triste pensare ad un mondo nel quale la povertà, l’abbandono e la totale incuranza dei bambini sono flagelli inarrestabili ed insanabili.

La nostra società cieca e sorda alla richiesta di resurrezione di questi bambini e adolescenti lascia la pesantezza della croce sulle spalle dei più deboli.

L’adozione è considerata un gesto di amore perchè ristabilisce una situazione di ordine naturale, rappresentato dalla condivisione di un dolore che un bambino non può vivere da solo. La solitudine dei bambini e degli adolescenti è una croce, la quale priva di affettività la vita presente ed oscura la speranza della vita futura.

I genitori adottivi, accogliendo i loro figli rifiutati o abbandonati dalla società, compiono un atto di carità, perchè si rendono disponibili ad accettare rifiuti, amarezze e disagi che inevitabilmente riceveranno dai loro figli trafitti dai colpi dolorosi della loro storia passata.

I figli adottivi porteranno per lungo tempo la croce dell’abbandono. La memoria dell’abbandono non può essere cancellata dall’accoglienza dei genitori adottivi, i quali, custodendo nella memoria la ferita del cuore dei loro figli, sono chiamati a vigilare incessantemente sul loro stato d’animo.

Quante volte un genitore adottivo avverte che il disagio dell’abbandono sanguina nel cuore dei suoi figli… I segnali evidenti di questo malessere sono tangibili in tre situazioni: la chiusura verso l’esterno, il perdere facilmente la pazienza, il disimpegno scolastico o lavorativo.

Attraverso questi atteggiamenti, i figli stanno chiedendo ai loro genitori adottivi di aiutarli a portare la croce. Per un padre e una madre adottivi, l’importante è cogliere questi segnali, avere la giusta comprensione e passare più tempo insieme. Il dolore spesso produce silenzio ma, nello stesso tempo, chiede vicinanza. Il silenzio non è nemico della vicinanza ma è una paziente preparazione ad un dialogo aperto e sincero.

Portare la croce, per un genitore significa soprattutto accettare i lunghi silenzi dei propri figli, vivendo con la speranza di divenire partecipi della condivisione della loro sofferenza.

Probabilmente non ci sarà un lungo dialogo tra genitori e figli su alcuni argomenti della vita passata, ma ci saranno brevi e fugaci parole che esprimeranno tutto il loro malessere.

La cosa più importante è non cadere nella tentazione di pensare che avere condiviso le loro paure, significhi considerare chiuso quel pensiero o quello stato d’animo. L’abbandono è un flagello che colpisce una volta ma lascia ferite che rimarginano molto lentamente, continuando a sanguinare per molto tempo.

Le ferite diventano piaghe, che in ogni momento si possono aprire con estrema facilità a causa della debolezza dell’essere umano. Un pensiero, un ricordo, un avvenimento, una ricorrenza di un compleanno, possono far ripiombare il figlio adottato in uno stato di angoscia e preoccupazione, a causa della vita passata.

Le ferite dei figli adottivi sono il segno eloquente del loro dolore, ma sono anche quelle fessure dalle quali i genitori possono osservare il cuore dei figli. Le relazioni tra genitori e figli contengono una grande potenzialità di amore, perchè le parole, i pensieri ed i gesti arrivano molto più facilmente ad un cuore aperto.

La profondità dei rapporti è favorita dall’apertura della ferita. Quando il cuore dei figli adottivi è raggiunto dall’amore, diventa capace di amare. Un genitore adottivo può testimoniare la dolcezza, la tenerezza e la compassione che un figlio manifesta, perchè quella ferita diventa la porta per uscire da se stessi ed andare incontro alle esigenze dell’altro. Questo è il miracolo del’adozione per i genitori e figli: avere la forza di curare e, nello stesso tempo, ricevere la grazia di essere guariti.

 

 

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Osvaldo Rinaldi

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