Nel corso della storia delle arti si registrano movimenti e sviluppi artistici che nel corso del tempo gli storici e i critici hanno classificato come manifestazione della volontà d’arte, volontà di cultura di un popolo; poi, per sottolineare che la singola volontà di un artista ha capacità di muovere lo sviluppo e produrre effetti interessanti è stato appositamente introdotto il concetto storiografico di “stile”, al fine di indicare di indicare con più chiarezza la produzione formale di un singolo o di una bottega; poi, mutate le condizioni sociali si è introdotta storiograficamente la relazione tra movimenti artistici e idee politiche…
Con il passare del Novecento abbiamo assistito ad una spoliazione continua del concetto di arte, fino alla riduzione minimalista di esso e alla definitiva assunzione del concetto di “fine dell’arte” e del suo inesorabile tramonto. Dopo e oltre il supermanto del concetto di arte abbiamo di fatto assistito a due movimenti di critica paralleli, apparentemente indipendenti l’uno dall’altro, ma in realtà animati dal medesimo fine: la distruzione del concetto di arte. Nel primo movimento critico registriamo l’introduzione del concetto di “libertà assoluta” dell’arte, l’arte cioè priva di vincoli, di regole, di leggi e di principi originari e quindi capace, secondo questa ipotesi critica, di affrontare tutto con più libertà e quindi in grado di rigenerarsi al punto da mutare ontologicamente in qualcosa di mai visto prima di ora. Nel secondo movimento critico, invece, osserviamo la condanna senza appello dell’arte figurativa criticata come inattuale, definitivamente superata dalla storia, inadeguata a dire qualcosa di interessante e di buono.
L’arte figurativa viene accusata di tutte le colpe possibili. Viene descritta come incapace di rappresentare la visione del mondo attuale, inutile perché legata a ciò di quanto più dannoso esiste culturalmente, ovvero la “mimesis”. Si è detto che con la nascita della fotografia l’arte è superata perché non più necessaria, si è detto che l’azione mimetica dell’arte è uno sterile ed inutile percorso conoscitivo, giacché riproduce in un doppio la realtà senza aggiungere nulla ad essa. Si è detto che l’arte figurativa sarebbe legata all’ancien régime, manifestazione di una visione oscurantista dell’uomo, della politica e della società. Ma a questo proposito si potrebbe anche osservare che fin dal Settecento si è costantemente cercato un percorso culturale e artistico totalmente alternativo al pensiero cristiano, attraverso tanti modi diversi, ma principalmente nel prendere a modello “morale” culture antiche pre-cristiane o contemporanee ma comunque pagane[1]. Il vero obbiettivo non era l’arte, ma attraverso lo scardinamento di essa, si mirava alla effettiva eradicazione del cristianesimo come riferimento culturale e politico prima dalla classe dirigente (tra ‘700 e ‘800) e poi con movimenti di massa, propagati attraverso le varie forme dei “media” nel secolo XX e XXI, dalla classe media e in generale dal popolo.
Ora scopriamo però che tanta parte di quei movimenti artistici, di quelle eroiche narrazioni di mitici artisti spiantati e bohémien che invadono i media, tanto soli e spiantati non erano. Infatti, sulla base di libri come quello di Frances Stonor Saunders[2], possiamo ben dire che nessuno di questi epici eventi artistici novecenteschi sia avvenuto per “volontà d’arte”, nessuno di questi trionfi formali sia accaduto spontaneamente. Le tre guerre mondiali combattute nel Novecento hanno avuto come campo di battaglia non solo le trincee, i mari, le montagne e le città d’Europa, ma anche e soprattutto gli studi degli artisti e poi le gallerie d’arte e oggi i musei. Infatti si sapeva come il KGB avesse condizionato la cultura europea finanziandone alcune attività, ora sappiamo che anche la CIA ha fatto lo stesso promuovendo l’arte statunitense in tutta Europa, conquistando intere generazioni ai principi liberali promossi dall’Espressionismo astratto prima e poi alla cultura del consumismo poi. In altre parole, l’arte del Novecento non è stata un giardino di idee finalmente libero dai condizionamenti delle superstizioni religiose, ma piuttosto il luogo della pura propaganda: mostre, eventi, musei e opere più o meno direttamente finanziate dalla CIA per spostare l’asse d’interesse della cultura europea dall’URSS agli USA.
E quasi tutti, immersi in questa battaglia tra le parti, senza strumenti e senza chiavi di lettura siamo rimasti nella rete, presi come pesci all’amo. Tutti dicevano che l’arte figurativa è superata, che ci si deve rinnovare, si deve vedere il mondo nuovo e dialogare con esso, ma senza pensare oltre la siepe, senza vedere fuori le mura del proprio giardino.
Oggi che molti moltissimi hanno aderito ad una visione minimalista, informale, decostruttivista o semplicemente aniconica, si viene a scoprire che le carte erano truccate, che fiumi di danaro furono spesi tra il 1945 e il 1989 perché questi movimenti trionfassero in Europa e che guardando oltre il nostro piccolo provincialismo di piccola colonia dell’impero, il mondo intero è e produce arte figurativa. Migliaia di artisti e da non molto tempo anche galleristi, musei ed accademie in giro per il mondo, stanno guardando all’arte figurativa con entusiasmo ed interesse. Centinaia di artisti stanno confluendo verso l’Europa ed in particolare verso l’Italia da tutto il mondo, per studiare l’arte classica e soprattutto il nostro Cinquecento fino a riscoprirne tutti i protagonisti. Del resto anche se le quotazioni fittizie degli artisti “ideologici” del Novecento resistono sui mercati dell’arte, di fatto le vere star dei botteghini in tutto il mondo sono Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Tiziano e da qualche decennio anche Caravaggio, vero unico grande artista contemporaneo.
È interessante vedere come alcune strampalate idee teoretiche, frutto di commistioni ideologiche, economiche e politiche si stiano sciogliendo al sole e come pian piano l’arte stia riprendendo a vivere spontaneamente in tutte le contrade del mondo in una rinascita figurativa della bellezza.
La cultura cattolica può e deve volgersi rapidamente ad elaborare un giudizio storico sul Novecento e iniziare a muovere nuovi passi verso la comprensione di movimenti figurativi spontanei che in giro per il mondo, fuori dalle ideologiche esposizioni nelle Biennali, Triennali, Quadriennali ed Esposizioni Universali, si stanno facendo largo, per intercettare l’insopprimibile necessità di bellezza che anima l’uomo e riprendere a promuovere la bellezza attraverso capolavori indimenticabili, come la Cappella Sistina, e smettere gli abiti ideologici indossati per distrazione.
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[1] Rodolfo Papa, Discorsi sull’arte sacra, Cantagalli, Siena 2012, pp. 69-115
[2] FRANCES STONOR SAUNDERS, Gli intellettuali e la CIA. La strategia della guerra fredda culturale, Fazi editore, Roma 2004