In vista della visita del Papa negli Stati Uniti, prevista per il prossimo settembre, il Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo afferma che “l’America deve avere nel suo futuro una cultura della vita nel suo futuro ed essa è una responsabilità fondamentale per ogni cattolico”.
ZENIT ha incontrato Carl Anderson lo scorso sabato, a margine della giornata di riflessione sulla vita del beato Junípero Serra (1713-1784), tenutasi presso il Pontificio Collegio Americano del Nord a Roma. Il cosiddetto “l’apostolo della California”, sarà canonizzato dal Papa durante la sua visita a Washington DC, presso la Basilica del Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione.
La giornata di riflessione ha affrontato il tema della vita e dell’eredità del futuro santo, senza trascurare le leggende nere legate al movimento missionario spagnolo durante il periodo della colonizzazione e allo stesso beato Junípero.
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Perché è importante riflettere sulla vita del Beato Junípero Serra?
Beh, è molto importante, perché Junípero Serra è un retaggio dell’attività missionaria cattolica e di evangelizzazione nell’America del Nord. Quindi dobbiamo onorare il suo contributo e la sua eredità. Dobbiamo rendere giustizia alla storia e fare in modo che egli non diventi vittima di un pregiudizio.
I missionari furono accusati di crudeltà verso i nativi americani ma Lei ha accennato al fatto che essi stessi chiamano Junípero Serra El Santo e di come vari elementi confutino le accuse contro di lui. Può spiegarci?
Junípero Serra era molto devoto alla Madonna di Guadalupe, quindi è chiaro cosa questo significhi nel contesto della sua vita e delle sue opere. La Vergine, infatti, appare con i tratti somatici di una nativa americana e dice: “Sono tua madre, ho l’onore di essere tua madre… sono venuta a proteggerti”. Quindi questo è ciò che veramente definisce la sua missione e la sua opera di evangelizzazione fra le popolazioni autoctone. Junípero Serra ha un grande rispetto per loro. Lava i piedi, prepara il cibo per loro. E così, questa è la testimonianza di un’evangelizzazione inculturata che dobbiamo capire, difendere e portare al futuro, nel nostro lavoro come discepoli missionari.
In realtà, il beato protesse i nativi americani…
Sì, questa era una parte consistente del suo lavoro. Una carta dei diritti per loro. L’Arcivescovo di Los Angeles José Gomez ha delineato la lunga lista di diritti che Junípero Serra provò a sostenere per i nativi americani.
In cosa consiste la leggenda nera contro di lui?
Il fenomeno denominato dagli storici “leggenda nera” è più facilmente comprensibile come una propaganda contro la Spagna da parte del mondo anglosassone ed in particolare dagli storici. Siamo tutti a conoscenza dell’animosità tra Inghilterra e Spagna, della vicenda dell’Armada spagnola, ecc. Ma tutto questo è arrivato durante la storia in un modo che pregiudica gli ispanici e gli spagnoli come particolarmente crudeli, più crudele di altri popoli. La storia, tuttavia, non ha dimostrato affatto questa tesi e, se guardiamo i fatti, il trattamento delle popolazioni indigene nel Sud-Ovest è stato decisamente migliore, molto più umano sotto i coloni spagnoli che non quando gli spagnoli se ne andarono. È chiaro, infatti che la Spagna comprese la giustificazione di trovarsi nel Nuovo Mondo per l’evangelizzazione, mentre l’aspetto materiale era secondario. Così si sono avvicinati agli indiani come persone ritenute degne dell’evangelizzazione, degne della conversione, degne del battesimo, quindi furono battezzati come fratelli e sorelle in Cristo.
In qualità di Cavaliere Supremo, può spiegarci perché la canonizzazione di Junípero Serra è così rilevante per i Cavalieri di Colombo?
Come sappiamo, i Cavalieri di Colombo sono stati fondati essenzialmente da immigrati irlandesi negli Stati Uniti. Uno degli scopi originari era quello di proteggere la Chiesa, di proteggere i cattolici da pregiudizi e discriminazioni. All’inizio della nostra storia, abbiamo promosso studi storici sui contributi dei vari gruppi di minoranza negli Stati Uniti. Quindi, eccoci qui con il patrimonio ispanico, a difendere l’eredità dei nostri grandi missionari spagnoli che hanno fatto così tanto per il paese: Los Angeles, San Francisco, Santa Barbara, Corpus Domini, Santa Fe. Tutte città fondate dai cattolici. Abbiamo bisogno di capire il sacrificio e la devozione che ha portato a questo tipo di sviluppo nel nostro Paese. Questo fa parte della missione dei Cavalieri di Colombo.
Sempre alla luce del suo ruolo, ci può parlare del significato della visita del Papa per voi Cavalieri e per l’America?
Attendiamo con ansia la visita del Santo Padre: potrà essere molto, molto importante per noi. Potrà aiutarci nell’identità cattolica, nella missione cattolica, e potrà aiutarci a continuare la missione di evangelizzazione della nostra cultura. L’America deve avere una cultura della vita nel suo futuro e questo è un principio di responsabilità per ogni cattolico. Sono sicuro che il Santo Padre sta per condurci in questa missione di un maggiore rispetto, di maggiore impegno, di maggiore solidarietà con coloro che hanno bisogno della fede e del nostro sostegno materiale.