In Europa il dialogo ecumenico va avanti, come può testimoniare il lavoro congiunto del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE) e del Comitato Congiunto delle Chiese Europee (CEC), iniziato negli anni ’70.
Nel corso dell’udienza concessa stamattina da papa Francesco ai due organismi, il presidente del CCEE, il cardinale arcivescovo di Budapest, Péter Erdő, ha ricordato il lungo cammino intrapreso dalle varie chiese europee – 120 denominazioni in totale – che continua a “pregare e lavorare insieme per l’unità”, concepita come “parte integrante dell’identità cristiana”.
Il cardinale Erdő ha quindi testimoniato che “pur nelle difficoltà provenienti da secoli di divisioni, è cresciuta e cresce oggi sia l’amicizia personale tra responsabili di diverse Chiese”. Un’amicizia che testimonia “al mondo di oggi – e specialmente all’Europa secolarizzata – che Dio esiste e ci ama, e che in Gesù Cristo, nel quale ci è svelato il volto della misericordia di Dio, ci sentiamo spinti ad andare incontro a tutti per portare la fede, la speranza e la carità che Gesù ci rivela e di cui ci fa partecipi”.
Accennando alle “persecuzioni” e alla “discriminazione” che i cristiani patiscono “in diverse regioni della Terra”, compresi i “Paesi europei”, il cardinale ha individuato in tali fenomeni il risultato della volontà di qualcuno di “accantonare la presenza cristiana nella società” e di rendere la fede “assente dalla vita pubblica”.
Tuttavia, l’“ecumenismo del sangue” mostra il “sacrificio che l’amore vince la morte e l’odio” ed è un patrimonio che non si può sprecare: “vogliamo accogliere il dono della vita di tanti cristiani, sicuri che questo ci fa essere più uniti a Gesù Cristo e in Lui tra noi”, ha commentato il porporato ungherese.
Erdő ha quindi ringraziato il Papa per l’“attenzione speciale” mostrata per l’Europa, in particolare in occasione della sua visita a Strasburgo. “Grazie dei preziosi impulsi che ci ha dato, perché possiamo lavorare tra le circostanze dell’individualismo e del pessimismo rendendo testimonianza della fede, della solidarietà e della comunità rappresentata nella sua forma autentica dalle famiglie”, ha detto il cardinale.
Ha rivolto il suo indirizzo di saluto, anche il reverendo Christopher Hill, presidente del CEC, sottolineando che l’incontro congiunto con il CCEE sta discutendo “sull’approccio cristiano alla libertà e alle libertà”: un tema di particolare attualità, specie dopo le “atrocità di Parigi”.
“La libertà di espressione è fondamentale, ma dobbiamo chiederci come si usiamo la nostra libertà, non soltanto come individui, e come possiamo usare la libertà per il benessere di tutta la comunità”, ha proseguito il reverendo Hill.
Elogiando i passaggi della Evangelii Gaudium, in cui il Santo Padre stigmatizza la secolarizzazione, il relativismo morale e gli attacchi alla libertà religiosa (cfr. EV, 61-64), il presidente del KEK ha riconosciuto in Bergoglio una notevole consapevolezza della “moderna situazione europea”, che spinge i cristiani di ogni confessione ad “adoperarsi con la grazia di Dio per proclamare nuovamente il Vangelo ad ogni generazione”.
Anche a molti anni dalla fine della guerra fredda, ha proseguito il prelato, l’Europa corre il rischio “frammentazione e del conflitto”, mentre avanzano questioni sempre urgenti come “le migrazioni e le richieste di asilo, la divisione dell’Ucraina, una disparità economica generale crescente che genera ingiustizia”, ha aggiunto Hill, soffermandosi infine sulla “gioia evangelica ecumenica”, scaturita dall’incontro con il Vescovo di Roma.