Contatto di intimità

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Gv 15,1-8

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Lettura

Il discorso di Gv 15 inizia con l’allegoria della vite, che richiama la benedizione del vino nella cena pasquale e si fonda sul simbolismo della vigna nell’AT. L’attenzione è posta sull’unità tra i credenti e Cristo, e sulla regola di vita che ne deriva: l’amore fraterno. Il portar frutto dipende dal rapporto personale del discepolo con Gesù: «Chi rimane in me…». Coloro che rimangono in Lui sono “purificati” (katairein) incessantemente affinché la loro fede, confessata e praticata, risulti autentica. Diversamente si è tralci secchi e sterili, inutili a se stessi e agli altri.

Meditazione

Non nell’autonomia o nell’autosufficienza, ma solo nell’apertura a Dio l’uomo può ritrovare se stesso, e soltanto nel rimanere in Cristo il discepolo trova vita e porta frutto nella santità del Tre Volte Santo. Come il Figlio nel grembo della Trinità è costantemente rivolto al Padre (cfr. Gv 1,1), così i discepoli e la Chiesa devono essere rivolti a Cristo, innestati in Lui come i tralci nella vite. Ma c’è di più: il rimanere, nel discorso di Gesù, è reciproco: «Rimanete in me e io in voi… Chi rimane in me e io in lui». Questa è una formula di reciprocità e di mutua presenza usata da Gesù altre volte nel Quarto Vangelo (cfr. Gv 6,56; 10,14-15; 14,20.23). Essa caratterizza innanzitutto la profonda e intima relazione che intercorre fra il Padre e il Figlio, la cui epifania è il legame d’intimità amicale fra Cristo e i discepoli. In essa c’è una vera e propria rivoluzione nella relazione fra Dio e i credenti in Lui. Infatti, se l’antico Israele si presenta nelle Scritture come il popolo del contratto nell’alleanza (Io per voi e voi per me), il nuovo Israele in Cristo è il popolo del contatto nell’intimità (Io in voi e voi in me). Il “luogo” di contatto è la Croce: suprema manifestazione del dono di Dio che muore per noi e risposta fedele e obbediente dell’Uomo che muore per Dio. Nel Crocifisso la potatura raggiunge il culmine, perché il Figlio «si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,8). Come Cristo, anche i tralci fruttuosi devono sottoporsi alla prova della potatura. Perché la fede non è data una volta per sempre, ma esige una rinnovata risposta e adesione alla Parola, esige il coraggio dello spogliamento di sé e della disponibilità a lasciarsi potare passando, in un certo modo, per la stessa “potatura” di Cristo “vera vite”.

Preghiera

Signore Gesù, che desideri rimanere in me ospitandomi in te, ti lodo e ti ringrazio perché tu, che sei Dio, hai stabilito con me, debole e povera creatura, un contatto d’intimità che né il mio peccato né la mia fragilità potranno mai spezzare. Fa’ che il tuo Spirito sia sempre per me il tuo anello di sponsale amore. Amen.

Agire

Oggi accoglierò ogni croce come potatura di purificazione e partecipazione alla potatura d’amore di Gesù per me.

Meditazione a cura di mons. Mario Russotto, vescovo di Caltanissetta, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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