"Segni di luce" della Chiesa in Iraq

Il card. Sandri conclude la sua visita nel paese mediorientale con la riunione dei vescovi iracheni e le agenzie della ROACO, svoltasi stamane nel Seminario Saint Peter di Erbil

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Si conclude oggi la visita in Iraq del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, iniziata lo scorso venerdì 1° maggio. A suggellare il viaggio del porporato nel paese mediorientale – durante il quale ha incontrato le comunità, i rifugiati e le autorità di Baghdad, Erbil e Duhoq -, è la riunione dei vescovi iracheni con le agenzie della ROACO, svoltasi stamane nel Seminario Saint Peter di Erbil.

Per Sandri tuttavia non si tratta di “conclusione” ma di “compimento”, come sottolinea egli stesso nel suo intervento. Il cardinale parla di “segni di luce” che in questi giorni ha potuto intravedere nelle Chiese dell’Iraq: piccoli segni come “le liturgie, i canti, l’affidamento a Maria, ma soprattutto lo splendore della carità, con le opere ordinarie e con quelle legate alle diverse forme di accoglienza e assistenza pastorale agli sfollati e ai perseguitati”.

Il Capo Dicastero spiega inoltre di aver toccato con mano “la dedizione eroica di tanti preti che sono davvero pastori buoni che non scappano e sono rimasti accanto al loro gregge”. E si dice “commosso” per “la comunione profonda che anticipa ogni discussione teologica, pur necessaria, e ogni altro accordo ecumenico, quando preti di diverse chiese cristiane si vogliono bene e insieme organizzano insieme a laici impegnati le attività di assistenza per gli sfollati, o curano i percorsi formativi nelle scuole e nelle parrocchie”.

Esprime poi il suo apprezzamento per “la collaborazione che le diverse agenzie della ROACO hanno offerto e ancora offriranno in fase progettuale e di realizzazione per il bene di tutti voi”. “Come Vescovi – aggiunge – diciamo grazie a tutti voi e a Dio per la luce del Risorto che promana da questa Chiesa in Iraq”, ma, al contempo, “vogliamo anche farci carico e riconoscere le fatiche e le oscurità”.

In particolare, il cardinale si riferisce alla “tentazione di essere autoreferenziali, pensandosi come delle isole, alle incapacità a parlarsi per trovare delle soluzioni più eque, alle impazienze e allo stile un po’ lamentoso che talora potrebbe diventare dominante, se non addirittura ad accuse ai fratelli che affiorano sulle nostre labbra”.

“Certo – ammette – le situazioni sono drammatiche e talora possiamo sentirci impotenti e un po’ desolati”. Può capitare anche al Prefetto di una Congregazione che segue le Chiese in diversi fronti difficili, come la Siria o l’Ucraina, oltre all’Iraq, e forse anche le agenzie della ROACO a volte si sentono così. Tuttavia questa tentazione “va vinta”, nella certezza che “il Signore é con noi” e “dobbiamo chiedere sempre a Lui di ricordarci che se la barca della Chiesa é sbattuta dalle onde della tempesta, Egli é con noi e non lascerà che affondiamo nonostante la nostra poca fede”.

Una certezza, questa, confermata al porporato dalla testimonianza dei rifugiati incontrati in questi cinque giorni: “In particolare – racconta – ricordo due anziane, una musulmana e una cristiana, nella casa Bayt Anya a Baghdad e ieri a Duhoq, che quasi cieche e immobili a letto, non hanno declamato le loro sventure ma hanno parlato per benedire Dio e chiedere benedizioni per sé e i propri figli. Se non sono pagine di Vangelo vivente queste…”.

Nel suo discorso, il prefetto delle Chiese d’Oriente si rivolge pure ai patriarchi e vescovi del martoriato paese, che esorta a “giungere alla pienezza della conoscenza di Cristo, senza farsi ingannare da altri venti di dottrina, e agendo secondo verità nella carità”. “Quanto é sottile il rischio di volere la verità mancando di carità, oppure di fare apparentemente la carità senza trasparenza e senza verità!”, ammonisce il prelato. Invita pertanto a lavorare insieme “in comunione” per far sì “che il corpo ecclesiale cresca con la collaborazione di ogni giuntura”, soprattutto nel “momento di prova che l’Iraq sta vivendo”.

L’auspicio del cardinale è che tale comunione profonda si realizzi soprattutto tra la Chiesa caldea e siro-cattolica, che sono maggioritarie, e tra loro e quelle più piccole. “Non facciamoci prendere da alcuna forma di isolamento o autoreferenzialità”, ribadisce, tantomeno lasciamo che “la logica della maggioranza e minoranza che sta facendo tanto male al paese possa avere un qualche risvolto anche entro i confini ecclesiali”. 

Come affermato infatti da Cristo a Pietro nel Vangelo di Giovanni di oggi, l’importante è seguire il Signore: “Non ti importi se l’altro é indietro o avanti, perché ad ognuno il Signore chiede un passo singolare come é personale il cammino di ciascuno, ma tu non smettere di seguirmi”, evidenzia il cardinale Sandri, ribadendo che “solo così sarai sostegno per chi é caduto e accenderai nel cuore il desiderio della sequela anche in altri”.

Allora ognuno chieda questa grazia, “senza perderci in facili discussioni o ragionamenti”. “Sarà bello – afferma il porporato – che le nostre comunità e tutti noi, se non lo si fosse ancora fatto, possano confrontarsi con l’invito che il Santo Padre ha rivolto alla Chiesa nell’esortazione Evangelii Gaudium, che sarebbe buona cosa diffondere a tutti in traduzione completa in lingua araba”.

Quindi, in conclusione, l’affidamento a Maria Santissima e a San Pietro apostolo a cui é dedicato questo Seminario, “ove si coltiva il futuro delle vostre Chiese”, affinché veglino su Papa Francesco, “sempre tanto vicino ai cristiani del Medio Oriente”, sui Patriarchi e su tutti i fedeli, specie quelli perseguitati.

 

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ZENIT Staff

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