Opuscoli gender nelle scuole: storia di un intrigo

La “nota di demerito” del Dipartimento per le Pari Opportunità all’Unar, che aveva diffuso opuscoli gender nelle scuole costati 300mila euro di risorse pubbliche. Sarà Scalfarotto il prossimo Sottosegretario ad occuparsene?

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Nota di demerito da parte del Dipartimento per le Pari Opportunità nei confronti di chi vuole introdurre nelle scuole italiane l’ideologia gender. L’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) qualche settimana fa ha iniziato a diffondere degli opuscoli – editi dall’Istituto Beck – i quali, intitolati “Educare alla diversità a scuola”, insegnano agli alunni, dalle primarie alle superiori, che la famiglia naturale è uno stereotipo, che leggere romanzi con protagonisti eterosessuali è una violenza, che la persona religiosa è omofoba.

Benché sulla copertina di questi piccoli volumi vi sia il timbro del Dipartimento per le Pari Opportunità, la settimana scorsa Maria Cecilia Guerra, che alle Pari opportunità aveva ricevuto la delega dall’ex presidente del consiglio Enrico Letta, ha detto di “ignorare l’esistenza di questa ricerca”.

Pertanto, il Dipartimento per le Pari Opportunità ha inviato “una nota formale di demerito al direttore dell’Unar, Marco De Giorgi”, per la diffusione nelle scuole di materiale mai approvato, sconosciuto al Miur (Ministero dell’Istruzione per l’Università e la Ricerca) e mai conosciuto da chi di dovere.

La Guerra si è giustificata dicendo che “L’Istituto Beck ha prodotto il kit per insegnanti sulla base di un contratto con l’Unar che risale al 2012, ben prima che io esercitassi la delega alle Pari opportunità nel luglio 2013”. L’equivoco, aggiunge la Guerra, è dato dal fatto che l’Unar ha autorizzato la diffusione di questo materiale con il logo della Presidenza del Consiglio – Pari Opportunità “senza che il direttore me ne desse alcuna informazione”.

Per la Guerra “non è accettabile che materiale didattico su questi argomenti sia diffuso tra gli insegnanti da un ufficio del Dipartimento Pari opportunità senza alcun confronto con il Miur”. Del resto, precisa l’ex viceministro, “una materia così sensibile richiede particolare attenzione ai contenuti e al linguaggio. Questa attenzione, quando si parla a nome delle istituzioni, ricade nella responsabilità delle autorità politiche, che devono però essere messe nella condizione di esercitarla!”.

Pur essendo “convinta che l’educazione alle diversità sia cruciale”, la Guerra ha puntato l’indice verso l’imposizione “di una visione unilaterale del mondo”. Sulla stessa lunghezza d’onda è apparso anche Gabriele Toccafondi, già Sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, che ha accusato l’Unar di “voler imporre un’impronta culturale a senso unico destando preoccupazione e confusione su tutto il mondo educativo”.

Pertanto, ha aggiunto Toccafondi, “Il fatto che gli opuscoli sulla diversità siano stati redatti dall’Unar e diffusi nelle scuole senza l’approvazione del Dipartimento Pari Opportunità da cui dipende, e senza che il Ministero dell’Istruzione ne sapesse niente, è una cosa grave, chi dirige l’Unar ne tragga le conseguenze”.

Il materiale in questione è stato diffuso dall’Unar ad effetto della “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, messa a punto su preciso mandato di Elsa Fornero, ministro del Lavoro del governo Monti. Detta Strategia, che è stata definita nel corso di una tavola rotonda alla quale erano presenti, oltre all’Unar, ben 29 associazioni omosessuali e neanche un rappresentante dei genitori e delle famiglie, è costata 300mila euro di risorse pubbliche. Ma non è finita, secondo un’inchiesta di Avvenire, soltanto nel 2013 l’Unar ha corrisposto quasi 250mila euro ad associazioni legate al mondo e alla cultura Lgbt. Chissà se il nuovo Esecutivo deciderà, finalmente, di destinare i soldi dei contribuenti verso iniziative di maggior interesse pubblico. Non genera ottimismo, tuttavia, la voce secondo la quale al Dipartimento Pari Opportunità sarà nominato Ivan Scalfarotto, relatore della contestata legge sull’omofobia.

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Federico Cenci

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