La vita vince sempre

Una mamma di cinque figli racconta la storia di una gravidanza che era gemellare e che ha visto nascere due angeli: una bambina in terra ed uno in cielo

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La mia quarta gravidanza (e quinto figlio, essendo stata una delle precedenti gravidanze gemellare) è arrivata “dal cielo”. Il test positivo è stato “un colpo”, ma io ho pensato subito che, se ci era stato mandato un figlio, voleva dire che ce la potevamo fare. La preoccupazione più grande  era che tutto andasse per il meglio.

A 5 settimane di gravidanza però sono iniziati i problemi. Ho avuto un’emorragia improvvisa e mi sono vista il mondo crollare addosso. Il mio medico, dopo avermi fatto un’ecografia, da cui si vedeva solo un residuo di sangue in utero, mi disse che era troppo presto per poter dire qualcosa, che bisognava attendere  almeno altre due settimane per vedere come si evolveva il tutto e che comunque io non avrei potuto fare niente: solo la natura avrebbe deciso.

Le due settimane seguenti sono state interminabili, le emorragie si sono ripresentate  ed io ho provato una sensazione bruttissima ed inspiegabile di “svuotamento”. Piangevo senza riuscire a fermare le lacrime: era più forte di me.

Ma non avevo realizzato assolutamente quello che mi stava accadendo. Alla settima settimana di gravidanza il ginecologo mi rifà l’ecografia transvaginale. Non avevo il coraggio di guardare il monitor e così fissavo il medico in viso. Quando ho visto la sua espressione triste mi sono sentita morire! Nel monitor si vedeva un grande ematoma e basta!

Il ginecologo però vuole approfondire. Mi esegue l’ecografia esternamente e si accorge che sopra l’ematoma c’è un’altra camera gestazionale ed il cuoricino pulsa forte. Mi sono scese le lacrime all’istante.

L’emozione è stata ancora più grande quando il medico mi ha detto che la spiegazione di tutto era che anche questa gravidanza (come l’altra mia precedente) era partita come gemellare.

Nelle settimane successive ho continuato ad avere perdite. Mi era stato detto che erano normali, visto l’ematoma, ma io non le ho mai accettate con serenità. Ero felicissima che la gravidanza ci fosse, la pancia cominciava anche a farsi vedere… Ma io non la “sentivo”.

Anche il giorno di Natale, quando avrei dovuto essere al settimo cielo avendo “Gesù bambino” in grembo, mi sentivo nervosa, irritata… e non riuscivo a spiegarmi come mai.  

A 12 settimane ho avuto improvvisamente un’altra emorragia che non dava cenno a fermarsi.

Mi sono recata all’ospedale e sono rimasta bloccata lì a letto per sei giorni. Il bimbo stava bene, ma l’emorragia aveva dato origine ad un ematoma di 7 cm. Quindi si temeva un’infezione.

Quel ricovero che, sono convinta, non è venuto a caso, mi è stato molto chiarificatore.

Durante la mia permanenza in ospedale passa a farmi visita una mia carissima amica ostetrica  che avverte subito il mio stato di tensione interna. Mi dice chiaramente che così non sarei potuta arrivare a temine e mi consiglia di sottopormi ad un massaggio che faceva una sua collega, in quanto ciò mi avrebbe aiutato a riequilibrarmi un po’…

La sera seguente mi sono fatta fare quel massaggio. L’ostetrica si mise all’opera. Iniziò dalla mia testa ed io scoppiai in un pianto incontrollabile e liberatorio.

Alla fine del massaggio non percepivo più il contatto con il letto, mi sembrava di essere in un’altra dimensione, in uno stato di abbandono e di benessere.

Con l’aiuto di questa cara ostetrica ho avuto l’illuminazione: ho capito in quel momento che tutte le mie tensioni, tutte le mie paure, paure di “perdere”…, erano legate a quel coagulo di sangue  che avevo in grembo, in quanto lo associavo ad un essere vivente.

Ebbi così la capacità di discernere il coagulo dall’essenza di vita e mi fu chiaro che quell’essere vivente non c’era più dentro di me, ma se ne era andato a 5 settimane, quando avevo avuto le prime emorragie, quei pianti violenti e quel senso di “svuotamento” che non mi era ben chiaro.

Ho metabolizzato solo allora di aver subìto un aborto. Fino a  quel momento avevo una forte confusione inconscia tra vita e morte dentro di me. Ho deciso quindi di “lasciare andare” quella vita. Le diedi un nome: Mattia ed immaginandomi  due ali che si innalzavano in cielo, la lasciai andare.

Quella sera stessa la mia gravidanza cambiò: sentii in utero come se ci fosse più spazio per quella creatura che stava crescendo dentro di me, come se io inconsciamente l’avessi prima tenuta premuta per far spazio a quell’ematoma che pensavo ricco di essenza di vita.

Il resto della gravidanza fu fisicamente impegnativo, ma psicologicamente molto più sereno. Ora tra le mie braccia ho Anna, che ha già otto mesi ed è sana, vispa e serena: un angioletto. Spesso mi “incanto” a guardarla.

Ho sentito un bisogno forte di condividere questa esperienza perché, avendola vissuta, posso affermare  che  non è assolutamente vero che un aborto si sceglie o si subisce e poi tutto finisce lì…

NO! Un aborto ti penetra, ti colpisce l’inconscio, che tu lo voglia o no, e ti crea “un buco”, una ferita che può anche cicatrizzare se la metabolizzi, ma certo è che quella cicatrice ti resta per tutta la vita! 

Una mamma di cinque figli

[Testimonianza raccolta da Anna Fusina]

Fonte: vitanascente.blogspot.it

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ZENIT Staff

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