Il porporato ha sviluppato una relazione sul “Sinodalità e Primato alla luce degli stimoli forniti da Papa Francesco”. Partendo da quanto scritto dal Pontefice al n. 246 della Evangelium gaudium, il cardinale Koch ha ribadito che “al centro del dialogo ecumenico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse vi è la riflessione sul rapporto tra sinodalità e primato”.
In altre parole, il dibattito è tra gli ortodossi che riconoscono il primato nel Sinodo dei Vescovi e la Chiesa cattolica che, invece, riconosce il primato universale del Papa e di Roma. Il cardinale ha ricordato che il 7 dicembre 1965, nella cattedrale del Fanar a Costantinopoli e nella basilica di San Pietro a Roma, Papa Paolo VI e il Patriarca ecumenico Athenagoras di Costantinopoli decisero di “togliere dalla memoria e dal mezzo della Chiesa” le reciproche sentenze di scomunica dell’anno 1054, per evitare di mantenere “un ostacolo al riavvicinamento nella carità”.
“Con tale atto – ha precisato Koch – il veleno della scomunica è stato tolto dall’organismo della Chiesa” ed il “simbolo della divisione” è stato sostituito con il “simbolo della carità”. In termini storici, dal 1980 al 1990, erano state individuate considerevoli convergenze tra la teologia ortodossa e la teologia romano-cattolica sul tema dei sacramenti, dei misteri della Chiesa e soprattutto dell’eucaristia, come pure sul rapporto tra fede, sacramenti e Chiesa e su quello del sacramento del ministero sacerdotale.
Nel decennio che va dal 1990 al 2000, le conversazioni ecumeniche diventarono, però, sempre più difficili a causa dei cambiamenti politici succeduti alla caduta del muro di Berlino. Un peggioramento che nel 2000 ebbe come conseguenza l’interruzione dei lavori della Commissione internazionale per l’ecumenismo. Poi, durante l’Assemblea Plenaria tenutasi a Ravenna nel 2007, venne approvato un documento: “Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa; Conciliarità e Autorità nella Chiesa”. Un testo che, secondo il il cardinale Koch, “rappresenta una pietra miliare nel dialogo cattolico-ortodosso”, anche se il Patriarcato ortodosso russo, non l’ha condiviso perché “non accetta il primato universale del Vescovo di Roma”.
Per il porporato, il primato del Vescovo di Roma può essere ostacolo ma anche una opportunità per il dialogo ecumenico. A questo proposito il Beato Giovanni Paolo II, nella parte conclusiva dell’Enciclica “Ut unum sint”, ha invitato tutte le Chiese e le Comunità ecclesiali a trovare “una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova”, e, più precisamente, questo ministero “possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri”.
D’altro canto – ha suggerito il Capo Dicastero – il Metropolita John D. Zizioulas, Co-Presidente della Commissione di dialogo ha proposto che le Chiese ortodosse possono imparare che un primato anche al livello universale della Chiesa non è soltanto possibile e teologicamente legittimo, ma è necessario.
Koch ha sottolineato, inoltre, che “la riuscita di una sintesi credibile tra primato e sinodalità dipenderà soprattutto da quanto il primato del Vescovo di Roma dimostrerà di essere un primato dell’obbedienza al Vangelo”.
Nel 1968 il Patriarca Ecumenico Athenagoras disse: “È giunta l’ora del coraggio cristiano. Ci amiamo gli uni gli altri; professiamo la stessa fede comune; incamminiamoci insieme verso la gloria del sacro Altare comune”. L’augurio del presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani è, pertanto, che nella stessa direzione possa andare l’incontro che avrà luogo il prossimo maggio a Gerusalemme tra il Patriarca ecumenico Bartolomeo e Papa Francesco, nel ricordo del primo incontro tenutosi cinquant’anni fa tra i rappresentanti delle due Chiese.