"Europei svegliatevi, per evitare che si ripeta ciò che è accaduto in Ucraina!"

A Roma, l’arcivescovo Shevchuk lancia un forte appello al continente e ribadisce la natura pacifica della protesta dei giovani ucraini in piazza Maidan

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“Il 18 e 19 febbraio, quando il cecchino decideva già le sue vittime, si erano create numerose file per le confessioni. E la gente non veniva a confessarsi con le armi, ma era disposta a morire per quello in cui credeva. Si comporta così un terrorista?”. E’ partito da questo interrogativo l’Arcivescovo Maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, Sua Beatitudine Svjatoslav Shevchuk, per rifiutare ogni accusa di nazionalismo estremo rivolta a piazza Maidan. ln una conferenza stampa, ieri, presso la Radio Vaticana, il presule ha raccontato gli avvenimenti che hanno portato all’attuale situazione del suo Paese, a cui in questo momento sono rivolti gli occhi dell’Europa e non solo.

E ha ribadito la portata pacifica della protesta di piazza Maidan, che “non ha nulla a che vedere con un piano politico o con la volontà di prendere il potere”. Si tratta piuttosto di un movimento contro la corruzione, a favore della libertà e della democrazia: “I primi a ribellarsi sono stati gli studenti – ha detto -. Questa giovane generazione si è mossa per una protesta pacifica: presentarsi e rimanere in piazza”.

Perché? “Il punto è l’identità europea del popolo ucraino”, ha rimarcato l’Arcivescovo. Le proteste sono cominciate il 30 novembre dopo che l’ex presidente Yanukovic si era rifiutato di firmare gli accordi con l’Unione Europea a Vilnius. Perciò è stata avviata la protesta a Maidan con gli studenti, allargata poi alla società civile che chiedeva il riconoscimento della propria natura europea.

Di fronte a tutto questo, qual è la posizione della Chiesa? “Quando i nostri fedeli ci hanno chiesto di assisterli, noi non ci siamo potuti tirar indietro”, ha detto il Capo della Chiesa greco-cattolica ucraina. E ha aggiunto: “Se la Chiesa non si presenta vuol dire che scappa dalla società. Ma non è questo il compito della Chiesa”.

Invece la Chiesa è stata sempre al fianco degli ucraini. E mai sola, ma sempre accompagnata dalle altre Chiese, perché – ha evidenziato Sua Beatitudine – il comune pericolo ha fatto cadere le barriere interconfessionali e interreligiose: “Posso dire che la tragedia unisce, noi capi delle chiese e società religiose abbiamo capito che solo con le parole non era possibile costruire la pace”. Pertanto, ognuno si è mobilitato in prima persona, secondo le proprie possibilità.

Esempio di questi è la risposta che un reverendo luterano ha inviato all’Arcivescovo che lo ringraziava per aver accolto alcuni feriti di piazza Maidan: “È il Cristo sofferente che sta lì sulla piazza. Non deve ringraziare, è il nostro dovere”. Durante la conferenza, Schevchuk ha raccontato pure come la Chiesa Latina, la più vicina alla piazza, sia diventata una sala operatoria clandestina, dal momento che i medici avevano l’ordine di denunciare i feriti che si presentavano in ospedale. Questo soprattutto nei giorni tra il 19 e 22 gennaio, in cui gli scontri con le forze dell’ordine sono stati più brutali. Non era la prima volta che il governo usava una reazione spropositata alla protesta pacifica, ma questa volta sul terreno sono rimasti circa 100 morti, e un numero incalcolabile di feriti.

Ma non solo il governo ucraino si è dimostrato sordo alla voce della piazza. Anche la società internazionale non è stata pronta a comprendere l’urgenza delle richieste e la gravità della situazione. L’Arcivescovo Shevchuk ha ringraziato pertanto i ministri degli esteri di Francia, Germania e Polonia per il ruolo di mediazione per fermare le violenze, e ha rimarcato il suo apprezzamento per l’offerta avanzata da Repubblica Ceca, Slovacca, Lituania e Polonia di accogliere i feriti.

Tuttavia, non ha potuto risparmiare un vigorso appello agli Europei, affinché “si sveglino”. “Quello che sta succedendo agli ucraini succederà anche a voi”, ha detto. Anche perché, in questo momento c’è bisogno di solidarietà umana e diplomatica e di rivedere le relazioni con l’Ucraina. Ed è necessario anche salvaguardare l’integrità territoriale e non utilizzare le differenze presenti nella popolazione per creare divisioni al suo interno, che potrebbero degenerare in un conflitto civile. “Noi capi delle Chiese stiamo facendo di tutto per salvaguardare l’unità del Paese. L’Unione Europea è nata con l’intenzione di proteggere l’Europa contro ogni possibilità di guerra”, ha affermato il presule, e ha concluso il suo intervento ribadendo il desiderio di non stare dalla parte di nessuno, perché “noi vogliamo essere solo pienamente noi stessi”.</p>

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Anna Minghetti

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