Dal 24 al 26 maggio 2014, Papa Francesco visiterà la Terra Santa in occasione del 50° anniversario della storica visita di Papa Paolo VI. La visita avviene in un contesto geopolitico complicato, con la crisi siriana che entra nel suo terzo anno consecutivo, portando con sé ripercussioni pesanti sui paesi limitrofi. soprattutto per quanto riguarda la questione dei rifugiati e della sicurezza. Di tutto questo ZENIT ne ha parlato con p. Rifaat Bader, uno degli organizzatori della visita del Pontefice, sacerdote giordano del Patriarcato latino, oltre che direttore e fondatore del sito Abouna e del Centro Cattolico per gli Studi e l’Informazione in Giordania. Nell'intervista di seguito, padre Bader racconta anche la situazione dei rifugiati in Giordania e l’atmosfera che precede la visita del Papa.
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A quanto ammonta il numero dei rifugiati siriani in Giordania?
Padre Bader: Circa un milione. Ci sono tre campi, il più importante dei quali è A-Za’tari. I presenti nel campo sono circa 250 mila rifugiati, mentre gli altri sono sparsi per i vari paesi.
Questi rifugiati ricevono il necessario per sopravvivere? Hanno diritto a lavorare in Giordania?
Padre Bader: Chi è registrato come rifugiato non può lavorare. Lo stesso problema vivevano e vivono tuttora i rifugiati iracheni il cui numero è di circa mezzo milione.
Come vivono allora?
Padre Bader: Le organizzazioni caritative offrono un grande contributo, assieme al lavoro svolto dalle Nazioni Unite. Anche la Caritas fornisce un grande servizio. Ogni giorno circa 100 mila rifugiati ricevono aiuto senza distinzione di religione o razza. L’opera caritativa cristiana non è esclusivista. E qui vorrei sottolineare una questione di cruciale importanza: l’opera caritativa non deve essere una copertura per il proselitismo. Lo dico perché purtroppo ci sono delle realtà che offrono servizi umanitari per poi proporre un'agenda proselitica. Questo è un errore di tempistica perché coglie l’uomo in un momento di grande fragilità e approfitta della sua fame e sete per manipolare la sua sensibilità religiosa. È mancanza di rispetto verso la dignità della persona umana.
Quanti sono i cristiani tra questi rifugiati?
Padre Bader: Si parla di circa 17 mila cristiani siriani rifugiati in Giordania, venuti tutti dopo la crisi siriana. I motivi del loro arrivo in Giordania sono diversi. Tanti di loro vengono da noi solo temporaneamente, in attesa di ricevere i visti per immigrare in Occidente. Questo fenomeno è motivo di grande dolore per loro, perché sperimentano due esodi difficili. Ma anche per il Medio Oriente in genere, perché viene svuotato dai suoi figli crisitani.
In questo contesto, qual è l’importanza della visita del Papa?
Padre Bader: La tempistica della visita del Papa è stata dettata dal 50° anniversario della storica visita di Paolo VI. Per l’occasione, stiamo preparando un libro che commemora tale viaggio presentando il quadro storico dei rapporti tra la Santa Sede e la Giordania, da un lato, e con la Palestina dall’altro. Il volume conterrà contributi preziosi tra cui quelli del Presidente Palestinese Mahmud Abbas, del Re Giordano Abdullah II, e una parola speciale del cardinale Paul Poupard, il quale ci ha comunicato la sua esperienza personale e dal vivo del viaggio di Papa Paolo VI.
Come si svolgerà la visita del Pontefice?
Padre Bader: Papa Francesco viene a commemorare questa visita e a favorire i rapporti diplomatici con tre stati. Egli andrà in elicottero dalla Giordania a Betlemme a sostegno dello Stato Palestinese. Pochi sono i capi di stato che riconoscono lo statuto indipendente della Palestina. Con questa visita il Papa esprimerà la posizione della Santa Sede che riconosce la Palestina e la sostiene. Come giordani siamo felicissimi di questo, seppure avremmo desiderato una permanenza più lunga del Santo Padre.
Quale sarà il motto della visita?
Padre Bader: La visita sarà un grido di pace. Ci è stato chiesto di avanzare le nostre proposte per il logo e il motto. Credo che sarà “Gioia e speranza”. Il motto della visita di Papa Benedetto in Libano è stato: “Vi dò la mia pace”, e della sua visita in Terrasanta è stata: “Beati gli operatori di pace”. Questa volta, anche per commemorare la Gaudium et spes, abbiamo proposto: “Gioia e speranza”.
L’interlocutore del desiderio di pace adesso non è uno stato. Ci troviamo piuttosto dinanzi a una ideologia distruttiva e chiusa. Quale speranza (umana) può suscitare la visita del Papa?
Padre Bader: Non abbiamo un interlocutore reale. I capi sono tanti e le ideologie di più. Però, io non vedo che la guerra attuale sia una guerra contro i cristiani, è piuttosto una guerra del terrorismo contro cristiani e musulmani in pari modo. Ed è appunto l’occasione per noi, come cristiani arabi, per mostrare il nostro sostegno al dialogo e all’amicizia tra musulmani e cristiani. Dobbiamo essere un’unica fronte contro il terrorismo e il fondamentalismo, contro l’inserimento forzato della religione nelle lotte politiche. Mi preme affermare inoltre che la dichiarazione di una nazione religiosa ebraica non è un passo opportuno. L’unico stato di natura religiosa e di carattere totalmente pacifico è la Città del Vaticano. Se dovessero esserci nazioni religiose – ed è una cosa che non auspichiamo – devono essere di una natura pacifica simile. La genesi di uno stato religioso ebraico darà l’alibi agli islamisti per formare stati religiosi islamici, il che renderebbe tutto ancora più complicato. Auspichiamo piuttosto stati democratici costituiti sul diritto di cittadinanza e sull’uguaglianza nei diritti e nei doveri. Due giorni fa la Palestina ha deciso di eliminare la casella della confessione religiosa dalle carte d’identità. Credo che questo sia un grande passo in avanti. Non dobbiamo trattare le persone a partire dal loro credo religioso, ma come persona umana. Il nostro auspicio è che la visita del Papa sia un contributo in questa direzione di uguaglianza e pacifica convivenza.