Si è aperta nel segno dell’invocazione allo Spirito Santo la solenne messa nella Basilica di San Pietro concelebrata stamattina da papa Francesco, assieme ai nuovi cardinali, creati nel Concistoro di ieri, e a tutti i porporati giunti ieri in Vaticano per l’evento.

Le letture di oggi (in particolare Lv 19,12 e Mt 5,48), ha spiegato il Papa, “interpellano tutti noi, discepoli del Signore; e oggi sono rivolte specialmente a me e a voi, cari Fratelli Cardinali, in modo particolare a voi che ieri siete entrati a far parte del Collegio Cardinalizio”.

Sebbene la santità e la perfezione di Dio possano sembrare una “meta irraggiungibile”, le medesime letture odierne “suggeriscono gli esempi concreti affinché il comportamento di Dio diventi regola del nostro agire”, ha sottolineato il Pontefice.

Senza lo Spirito Santo, però, “sarebbe vano il nostro sforzo”, poiché la santità non è “opera nostra, ma è frutto della docilità – voluta e coltivata – allo Spirito del Dio tre volte Santo”.

Gli uomini sono “egoisti e orgogliosi”, eppure sono attratti dalla “bontà” e dalla “bellezza” e lo Spirito Santo li può “purificare”, “trasformare” e “plasmare”.

In particolare nel Vangelo odierno, Gesù esprime alcune “antitesi tra la giustizia imperfetta degli scribi e dei farisei e la superiore giustizia del Regno di Dio”, ha detto il Santo Padre.

La prima antitesi riguarda la vendetta e il ‘porgere l’altre guancia’ (cfr. Mt 5,38-39): “Non soltanto non dobbiamo restituire all’altro il male che ci ha fatto, ma dobbiamo sforzarci di fare il bene con larghezza”, ha osservato il Papa.

La seconda antitesi fa riferimento all’amore per il nemico (cfr. Mt 5,43-44). Gesù non ci insegna banalmente “buone maniere” o “maniere da salotto”. Egli chi chiede molto di più: “amare chi non lo merita, senza contraccambio, per colmare i vuoti d’amore che ci sono nei cuori, nelle relazioni umane, nelle famiglie, nelle comunità, nel mondo”.

Per salvarci Cristo ci mostra “l’unica

Rivolto ai cardinali, Francesco ha ricordato che “il Signore Gesù e la madre Chiesa ci chiedono di testimoniare con maggiore zelo e ardore questi atteggiamenti di santità”. È proprio in questo “supplemento di oblatività” che consiste la “santità di un cardinale”.

“Pertanto – ha proseguito il Papa - amiamo coloro che ci sono ostili; benediciamo chi sparla di noi; salutiamo con un sorriso chi forse non lo merita; non aspiriamo a farci valere, ma opponiamo la mitezza alla prepotenza; dimentichiamo le umiliazioni subite”. Lasciandoci guidare dallo “Spirito di Cristo”, possiamo diventare i “canali” in cui “scorre la sua carità”.

La condotta di un cardinale dovrebbe essere quella di chi entra “nella Chiesa di Roma”, non in una “corte”: la corte, infatti, è la cornice ideale di comportamenti deleteri come “intrighi, chiacchiere, cordate, favoritismi, preferenze”.

Il nostro linguaggio dev’essere quello del Vangelo – “sì, sì, no, no” – i nostri atteggiamenti “   quelli delle Beatitudini” e la nostra via “quella della santità”.

Nel tempio della Chiesa si celebra la “liturgia essenziale […] della bontà, del perdono, del servizio, in una parola, la liturgia dell’amore”, tuttavia, se trascuriamo i nostri doveri verso il prossimo, questo tempio “viene come profanato”.

“Quando nel nostro cuore trova posto il più piccolo dei nostri fratelli – ha proseguito il Papa -  è Dio stesso che vi trova posto. Quando quel fratello viene lasciato fuori, è Dio stesso che non viene accolto. Un cuore vuoto di amore è come una chiesa sconsacrata, sottratta al servizio divino e destinata ad altro”.

In conclusione il Pontefice ha esortato se stesso e i cardinali all’unità “in Cristo e tra di noi”, chiedendo loro di stargli vicino “con la preghiera, il consiglio, la collaborazione” e di unirsi all’invocazione dello Spirito Santo “affinché il Collegio dei Cardinali sia sempre più ardente di carità pastorale, più pieno di santità, per servire il Vangelo e aiutare la Chiesa a irradiare nel mondo l’amore di Cristo”.