Egitto-Russia: quali scenari all'orizzonte?

La cooperazione in campo energetico, alimentare e turistico fa presagire la creazione di una zona di libero scambio che rafforzerebbe il rapporto tra i due Paesi e determinerebbe uno stravolgimento degli equilibri geopolitici

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Della sintonia che stava per nascere tra la Russia di Putin e l’Egitto del generale Abdel Fattah El Sisi si era avuto sentore già all’indomani del referendum per l’approvazione della nuova Carta costituzionale egiziana. In quell’occasione Vladimir Putin, attento ai cambiamenti geopolitici in atto, era stato il primo a congratularsi con il generarle egiziano per il successo elettorale referendario. Così, la settimana scorsa, El Sisi, in compagnia del suo collega incaricato agli affari esteri Nabil Fahmy, ha ricambiato la cortesia scegliendo Mosca come sua prima tappa del viaggio ufficiale al di fuori dei confini nazionali. Una visita, questa, di alto valore politico e commerciale che mette in chiara evidenza i nuovi sviluppi che si stanno profilando all’interno dell’Egitto e le interessanti ricadute che potrebbero avere a livello regionale.

Il generale El Sisi, a cui Putin avrebbe promesso il suo appoggio per la candidatura alle presidenziali che si terranno la prossima primavera sta, compatibilmente con i limiti del suo mandato ad interim, dando prova di avere una spiccata visione strategica e un poderoso concetto di Stato. Le sue azioni di governo, unitamente alle plurime dichiarazioni ufficiali, fanno ritenere infatti che egli stia operando per privilegiare gli interessi nazionali al fine di riaffermare la leadership egiziana nel contesto regionale.

Fa riflettere, al riguardo, una delle sue ultime dichiarazioni «siamo prima di tutto egiziani e poi musulmani e cristiani» affermazione, questa, che lascia intuire il suo progetto di costruire una società democratica e pluralista, basata sui valori islamici, pienamente compatibile con le norme musulmane, ma non a queste asservite. Ciò, ovviamente, in chiara rottura con la politica dei Fratelli Musulmani. É indubbio che questo nuovo orientamento di metter in piedi uno Stato forte e indipendente incontra gli interessi della Federazione Russa che, tornando ad essere un attore primario nel contesto internazionale e mirando alla costruzione di un mondo multipolare, cerca di intessere una serie di relazioni fra Stati privilegiando principalmente gli aspetti cooperativi volti allo sviluppo socio-economico ed alla sicurezza collettiva.

Approccio, questo, che si pone in netta contrapposizione a quello statunitense, caratterizzato dalla volontà di imporre la propria egemonia, finanche nei confronti degli alleati, al fine di espandere i propri interessi geostrategici. Non va, inoltre. sottovalutato che la “cerniera mediterranea” rappresenta per gli strateghi del pentagono una via di accesso privilegiata all’Africa, al medio oriente e ai balcani euroasiatici e, pertanto, una zona da indebolire e da frammentare. Prova di ciò sono tanto le primavere arabe in generale, con l’epilogo delle operazioni consumate nei rispettivi teatri libico e siriano, quanto le attuali operazioni che vengono portate avanti sotto traccia negli altri paesi magrebini quali Tunisia e Algeria.

L’ingombrante peso della politica estera USA negli affari interni di questi Paesi, nonché la sua proiezione militare nell’area, ha contribuito a determinare la costituzione di nuove leadership locali accomunate dall’elemento della fragilità e dell’incertezza. Da questo stato di cose la nuova classe dirigente egiziana pare voglia affrancarsi sviluppando una linea politica indipendente che, tuttavia, non gli precluda rapporti con gli Stati Uniti. La nuova linea di condotta intrapresa dal Paese è riscontrabile in una serie di dichiarazioni formali o azioni mirate attraverso le quali il generale pare abbia voluto sin da subito rimarcare la posizione in cui intende collocare il Paese. Su tutti occorre ricordare le dichiarazioni rilasciate al Washington Post all’indomani del rovesciamento di Mursi, per mezzo delle quali accusava la potenza a stelle e strisce di aver voltato le spalle agli egiziani.

Un altro segnale inequivocabile della nuova linea intrapresa dalla classe dirigente egiziana è stato senz’altro il riavvicinamento al Governo di Damasco e il recupero delle relazioni diplomatiche interrotte in precedenza dai Fratelli Musulmani. Tuttavia, questo nuovo riposizionamento egiziano non ha impedito che gli Stati Uniti di mantenessero attivo il sistema di aiuti militari del valore di 1,5 miliardi di dollari che vengono annualmente erogati al Paese. Gli USA pur avendo in un primo momento annunciato la loro sospensione, ne hanno poi ristabilito la normale erogazione, verosimilmente a seguito delle pressioni del governo israeliano preoccupato per la propria sicurezza.

Vi è da dire che la partnership russa verso la quale il Paese si accinge a convergere presenta buone prospettive e ciò sia sotto il profilo militare, dove si evidenzia il formale impegno egiziano assunto nell’occasione della recente visita di acquistare dalla Russia armamenti per un ammontare di ben 3 miliardi di dollari, che sotto quello strettamente economico. A tal proposito basti pensare alla robusta cooperazione che si va sviluppando in campo energetico, alimentare e turistico che farebbe già presagire la creazione di una zona di libero scambio tra l’Egitto e l’Unione doganale che, oltre a rafforzare il rapporto tra i due Paesi, determinerebbe un totale stravolgimento degli equilibri geopolitici nell’area.

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Filippo Romeo

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