"Montecassino 1944" di Nando Tasciotti

A 70 anni dal bombardamento dell’Abbazia, un libro edito da Castelvecchi

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Il 12 febbraio 1944, quindi solo tre giorni prima dell’attacco Anglo-americano all’Abbazia di Montecassino, così scriveva l’Osservatore Romano, sotto il titolo Vita e pietre, della discussione che si era svolta a Londra alla Camera dei Lord. “[…] sulla sorte dei monumenti tra l’infuriare della guerra, patrimonio di tutto il mondo civile, e quindi anche della sorte di Roma. Tema del dibattito, punto di divergenza: le vite o le pietre? Cioè: sono più preziose le vite di tanti giovani che sono il presente e il domani o le – reliquie del passato -? Se le necessità della guerra, se le esigenze della strategia richiedessero l’attacco di gloriose città […] si dovrebbe preferire una immunità che costasse un sacrificio maggiore di vite umane o un sacrificio di monumenti e di memorie che valesse un minor prezzo di esistenze stroncate? E chi si dichiarò per le vite e chi per le pietre […]”.

E, poche pagine più avanti, Tasciotti così racconta dei perché il neozelandese generale Freyberg (nonché comandante del corpo di spedizione e pertanto anche rappresentante politico del governo)  ritenesse una necessità militare bombardare l’Abbazia: “Del resto, per un Paese con pochi abitanti qual era la Nuova Zelanda (meno di due milioni, all’epoca), perdere anche un solo uomo – in una guerra combattuta in un continente così lontano e, in quel caso, per salvare un monastero al quale cittadini e governanti di Auchland o di Wellington, di religione protestante, non attribuivano certo enorme valore – aveva un peso particolare. Un eventuale insuccesso a Montecassino, determinato da una mancata o debole copertura aerea, avrebbe potuto produrre una grossa crisi politica e provocare probabilmente anche il ritiro del contingente neozelandese e, forse, anche dei corpi di spedizione degli altri Dominions britannici (Canada, India, Sud Africa, Australia, ecc.)”.

In questi due passaggi del libro “Montecassino 1944” di Nando Tasciotti (1) sono descritte in tutta la loro drammaticità alcune delle riflessioni avvenute poche ore prima della distruzione del Monastero Benedettino. E cioè, se in qualche modo fosse stato implicitamente ipotizzato un parallelismo tra salvezza di Roma e avanzata veloce delle truppe oltre la Linea Gustav che imponesse il “sacrificio” dell’Abbazia; se la salvaguardia di beni artistici fosse un vincolo o meno alle atrocità della guerra; se la percezione delle truppe alleate provenienti da terre lontane fosse la stessa dei comandi alleati un poco più vicini alle sensibilità europee (ad esempio, il peso degli elettori cattolici statunitensi).

La descrizione che l’autore compie delle sofferenze del popolo in quei giorni, del prodigarsi dell’Abate di allora Gregorio Diamare per cercare di salvare “vite e pietre”, della opposta propaganda informativa poco prima e per molto tempo dopo quel 15 febbraio, tiene conto non solo di documenti inediti di archivi britannici e della Santa Sede,  ma anche di tanta letteratura  e di tanta storiografia, anche più legata alla cosiddetta “cultura del territorio”, da potersi considerare una sorta di raccolta complessiva di quell’evento e non solo uno dei tanti libri-inchiesta sull’argomento.   

Sicuramente è di grande fascinazione il sottotitolo “errori, menzogne e provocazioni” che a vario titolo l’autore addebita più o meno direttamente a Roosevelt, Hitler, Churchill, Pio XII ponendo al centro della Storia l’Abbazia e gli abitanti del Basso Lazio, mentre l’ultimo capitolo, che Tasciotti intitola Epilogo, permette al lettore di verificare come la storia possa essere scritta o riscritta dopo gli eventi soprattutto se a farlo sono i protagonisti.

A 70 anni da quegli accadimenti il libro (2) ha l’indubbio merito di far vivere al lettore quei drammatici mesi attraverso una incalzante narrazione che miscela fonti e ricordi. Contemporaneamente, bisogna dare atto all’editore Castelvecchi di aver lanciato nelle librerie nelle stesse settimane anche il libro di Alexander Werth, intitolato “Leningrado” (3) che racconta della strenua e vittoriosa difesa del popolo russo all’assedio tedesco che si concluse il 27 gennaio, ovvero negli stessi giorni nei quali iniziava la battaglia di Cassino. Così, in una sorta di passaggio del testimone dove le costanti rimangono la sofferenza del popolo stremato dalla guerra e quell’idea, come scrive l’autore, che “Nessuna fortezza è veramente inespugnabile: si tratta solo di sapere quale prezzo si è pronti a pagare per riuscirci”.

L’Abbazia, come noto, è stata successivamente ricostruita “com’era e dov’era”  ritornando ad essere non solo  centro spirituale ma anche culturale con i tesori inestimabili tutt’ora conservati, chiudendo il cerchio là dove inizia la storia in quell’ottobre del 1943, con quei primi contatti per salvare i libri antichi, gli incunaboli, le pergamene, nonché le raccolte di monete antiche o il Tesoro di San Gennaro, provenienti da altre città.

Perché, è difficile non pensare per tanti fedeli, per tanti appassionati di arte e cultura e per tanti abitanti non solo del Basso Lazio, che per Montecassino non potesse valere quello che poi è avvenuto per Roma, dove si è riusciti a salvare “vite e pietre”.

*

NOTE

1) Nando Tasciotti, giornalista, ha lavorato per i quotidiani Paese Sera e Il Messaggero. Di quest’ultimo è stato inviato speciale per quasi 25 anni. Il libro è formato da 325 pagine ad un costo di 19,50 euro.

2) Il libro sarà presentato venerdì 14 febbraio, alle ore 17.30 presso la Sala degli Abati del Palagio Badiale a Cassino. Oltre all’autore interverranno Dario Frezza dell’Università di Siena, Roberto Molle dell’Associazione Battaglia di Cassino ed il giornalista Valerio Pellizzari. Introdurranno l’evento il sindaco di Cassino Giuseppe Golini Petrarcone, l’ Amministratore Apostolico dell’Abbazia di Montecassino dom Augusto Ricci e Danilo Salvucci Presidente del Comitato per il 70esimo Anniversario del bombardamento di Cassino. 

3) Alexander Werth, nato a San Pietroburgo nel 1901 e morto a Parigi nel 1969, durante la seconda guerra mondiale si è occupato soprattutto del fronte russo. Il libro, il cui titolo originale è “Leningrad, 1943”, è formato di 185 pagine ad un costo di 18,50 euro. 

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Antonio D'Angiò

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