Grazie “per avere fornito nel corso degli anni un qualificato contributo al dialogo e alla fraternità tra ebrei e cristiani”. Ha accolto così Papa Francesco i 55 membri della delegazione dell’American Jewish Committee, il Comitato ebraico americano, ricevuti stamane in udienza nella Sala del Concistoro.
Il Papa è partito dalla Dichiarazione Nostra aetate del Concilio Vaticano II, che a 50 anni dalla sua redazione “ancora oggi costituisce per la Chiesa il punto di riferimento imprescindibile per i rapporti con i nostri ‘fratelli maggiori'”. A partire da quel Documento, ha detto Francesco, “si è sviluppata con rinnovato vigore la riflessione sul patrimonio spirituale che ci unisce e costituisce il fondamento del nostro dialogo. Questo fondamento è teologico, e non semplicemente espressione del nostro desiderio di rispetto e stima reciproci, pertanto è importante che il nostro dialogo sia sempre profondamente segnato dalla consapevolezza della nostra relazione con Dio”.
Accanto al dialogo, ha proseguito il Pontefice, “è importante anche rilevare come ebrei e cristiani possano agire insieme per la costruzione di un mondo più giusto e fraterno”. E’ fondamentale, in tal senso, secondo il Santo Padre, “il comune servizio a favore dei poveri, degli emarginati, dei sofferenti”. Un impegno, questo, che “è ancorato a ciò che le Scritture rivelano a proposito della protezione del povero, della vedova, dell’orfano, dello straniero (cfr Es 20,20-22)”, e che è “un compito affidatoci da Dio, che rispecchia la Sua santa volontà e la Sua giustizia, un autentico dovere religioso”.
Il Vescovo di Roma incoraggia quindi il Comitato a “trasmettere alle nuove generazioni il patrimonio di conoscenza reciproca, di stima e di amicizia costruito in questi anni grazie anche all’impegno di associazioni come la vostra”. E auspica “che il tema delle relazioni con l’ebraismo rimanga vivo nei seminari e nei centri di formazione dei laici cattolici”, e che anche “presso le comunità ebraiche e i giovani rabbini si accresca l’interesse per la conoscenza del cristianesimo”. Il tutto, affinché gli sforzi compiuti degli anni, anche dai Predecessori, “non risultino vani”.
Prima della benedizione finale, il Santo Padre ha rivolto un pensiero al suo prossimo viaggio in Terra Santa, dal 24 al 26 maggio. “Tra qualche mese avrò la gioia di recarmi a Gerusalemme – ha ricordato Bergoglio – là dove, dice il Salmo, tutti noi siamo nati (cfr Sal 87,5) e dove tutti i popoli un giorno convergeranno (cfr Is 25,6-10)”. “Accompagnatemi, per favore, con la vostra preghiera – ha concluso affinché questo pellegrinaggio porti frutti di comunione, di speranza e di pace. Shalom!”. (S.C.)