I rifugiati, la "parolaccia" del mondo di oggi

In un colloquio, ieri a Santa Marta, con due fratelli argentini fuggiti in Svezia nel 1970, il Papa loda il sistema di accoglienza della nazione e denuncia i Paesi che chiudono le proprie frontiere agli immigrati

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E’ stato un incontro molto cordiale quello di ieri pomeriggio, nella Domus Santa Marta, tra Papa Francesco e Carlos e Rodolfo Luna, due fratelli argentini fuggiti in Svezia dalla dittatura nel 1970. In un’ora, i due fratelli e il Pontefice hanno raccontato al Pontefice i loro anni da rifugiati politici in Svezia, offrendo a Francesco l’occasione per esprimere una chiara denuncia contro la drammatica situazione dei profughi nel mondo. 

In particolare – secondo quanto riferito dalla Radio Vaticana – il colloquio è iniziato con i ricordi personali di Bergoglio che conosceva la moglie di uno dei due fratelli, ora morta, dal momento che lavorava in un laboratorio chimico con la madre di questa, un capo – ha detto – “alquanto severo” alla quale però è rimasto molto affezionato. Il Papa ha poi raccontato ai due fratelli di aver nascosto nel Collegio Massimo di Buenos Aires tutta la loro biblioteca, nel periodo in cui erano sotto sorveglianza da parte della dittatura. E ha rievocato l’amicizia con un pastore luterano, Anders Gutt, “grande uomo”, con il quale ha condiviso a Buenos Aires la cattedra di Teologia spirituale: “Eravamo un gesuita e un luterano e ci capivamo molto bene”. 

Ascoltando i racconti dei due argentini sulla loro permanenza in Svezia, Papa Francesco ha lodato l’accoglienza della nazione che ha aperto le frontiere ai due fratelli e a tanti altri immigrati integrandoli nella propria società: “Che bello – ha detto – trovare un popolo con un cuore così! E la Svezia ha avuto grandi santi: Santa Brigida e anche tra i luterani… Grandi uomini e donne luterani!”.

Poi la dura costatazione del destino che tocca oggi chi è costretto a fuggire dal proprio Paese: “Abbiamo tanti rifugiati, ma nessuno li vuole – ha affermato il Papa – Oggi sono una ‘parolaccia’. Forse il messaggio è che la salvezza di un popolo sta nell’essere fratelli di quelli che stanno patendo l’esilio dalla loro patria. Perché Dio benedice questo. Questo è essere fratelli! E noi, nella nostra fede cristiana, sappiamo bene che anche Gesù è stato un rifugiato quando volevano ucciderlo da bambino… E’ uno dei primi messaggi dei Vangeli. Gesù un rifugiato. Non un turista. Non è fuggito per motivi di lavoro. E’ fuggito dalla morte. Come un rifugiato”. 

In quest’epoca, dunque, bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare insieme per un mondo migliore e non va bene che ci siano ancora Paesi che chiudono le proprie frontiere. Carlos e Rodolfo – riferisce ancora la Radio Vaticana – hanno spiegato al Papa il sistema di accoglienza della Svezia. E il Santo Padre, alla fine, ha osservato: “Voi avete questa tradizione. La Svezia apre le frontiere, organizza corsi linguistici” riservati ai migranti, “li aiuta economicamente, li guida ad inserirsi nella società. Non hanno rinchiuso nessuno in una sorta di ‘campo di concentramento’ e in luoghi orribili simili”. “Questo è un esempio che possiamo presentare al mondo – ha ribadito con forza il Pontefice – questo è il messaggio che la Svezia dà. Gli svedesi aprono il loro cuore al fratello, alla sorella, che non hanno dove vivere, dove lavorare, dove dormire tranquilli”.

Al contrario di come accade tante volte, invece, ai numerosi immigrati che sbarcano sulle coste di Lampedusa, vittime di quella “globalizzazione dell’indifferenza” che porta a dire:”‘Arrivano i rifugiati. Che ci pensino loro!”. “A Lampedusa – ha sottolineato Francesco – il popolo ha sentito la necessità di accoglierli. E accolgono! Il popolo di Lampedusa – insieme al sindaco, che è una donna, una donna forte, coraggiosa – ha capito che la sua missione è accogliere”. Tuttavia, nonostante si stia lavorando bene, ancora “non c’è posto per accogliere tutti i migranti che sbarcano sull’isola”. 

Per quanto riguarda altri Paesi dell’Europa, invece, il Papa ha osservato con rammarico che spesso i rifugiati non sono accolti bene e rischiano di finire per strada, a rubare o a prostituirsi. Ha ricordato, in tal senso, il lavoro dei Gesuiti, con l’intuizione di padre Arrupe di fondare il Centro Astalli per i rifugiati, “una piccola goccia nell’oceano” che ancora non è sufficiente.

In conclusione del colloquio – informa l’emittente – Bergoglio ha citato il convegno promosso a dicembre dall’Accademia Pontificia delle Scienze sul tema del lavoro schiavo, affermando che prossimamente ne farà un altro sulle organizzazioni del lavoro. Ribadisce quindi che bisogna ricostruire la coscienza dell’uomo, contro la globalizzazione dell’indifferenza. 

Parlando, infine, dei quattro milioni di immigrati in Argentina, la maggiorparte dei quali paraguaiani e boliviani, il Papa ha lodato la donna del Paraguay, a suo parere “la più eroica dell’America”. “Dopo la guerra – ha detto – su dieci persone, otto erano donne. E queste donne scelsero di avere figli, per salvare la patria, la lingua, la cultura e la fede. Io desidererei che un giorno il Comitato del Premio Nobel desse il Premio alla donna paraguaiana. Per avere salvato la cultura, la patria… E’ stata eroica!”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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