Suicidio: definizione in tre punti

Per il Glossario di Bioetica, uccisione di se stessi. Il suicidio assistito è l’atto di darsi la morte se è fatto per interposta persona, previa autorizzazione del soggetto.

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Uccisione di se stessi, atto il cui rapporto con la solitudine è di solito molto stretto, tanto da far dubitare della reale libertà della scelta di chi lo compie. Il suicidio assistito è l’atto di darsi la morte se è fatto per interposta persona, previa autorizzazione del soggetto.

Realismo

E’ l’azione del terminare in modo volontario la propria vita. Nel caso in cui non è possibile farlo attivamente e si ricorre all’opera di un altro, si parla di suicidio assistito. Può essere svolto attivamente con farmaci o armi o con interventi lesivi di vario genere, oppure passivamente, rimuovendo gli strumenti atti a salvare la vita. Il suicidio è stato condannato dalla cultura per secoli; oggi una corrente postmoderna lo considera come un atto di libera scelta, e per questo degno di rispetto. Spesso al suicidio ricorrono persone in stato di abbandono, di depressione; più raramente in stato di sofferenza fisica o di malattia terminale. Il suicidio, specialmente quando viene dipinto con colori forti dai massmedia, finisce con il diventare contagioso, cioè suggestionare gli altri.

La ragione

Chi e perché ricorre al suicidio? Uno studio canadese mostra che tra i malati di SLA che chiedono di morire c’è un alto tasso di depressi… ma la depressione è curabile; e, dato il tasso di depressione tra chi chiede di morire, la legge sull’eutanasia finirà col non proteggere i pazienti le cui scelte sono influenzate dalla depressione? Degli anziani depressi, secondo uno studio,  solo il 10% viene mandato da uno specialista contro il 50% dei depressi più giovani, e dunque non ci si stupirà se qualcuno chiede di morire.

Come si fa a pretendere la libertà di suicidarsi in ospedale e al tempo stesso a rammaricarsi per il suicidio dal ponte sull’autostrada? E’ un paradosso che fa crollare qualunque pretesa liberalizzazione: chi approva il primo suicidio e disapprova il secondo non ha mai spiegato chi è autorizzato a decidere chi è degno di suicidarsi o meno. Se il suicidio è libertà, perché preoccuparsi per il suo dilagare, e su che basi ammettere o estromettere una persona da quello autorizzato dalla legge? Tanto vale approvare tutti i suicidi, anche quello del ragazzino abbandonato dalla fidanzata o quello della ragazza che va male all’università. Chi è il giudice laico del cuore altrui? Il tragico è che, in nome della solitudine innalzata a sommo tribunale e chiamata poeticamente “autonomia”, nessuno sarà mai più autorizzato a salvare il suicida, se a decisione presa, ogni interferenza è illecita: e certo un poveraccio che si butta sotto il treno, la sua decisione l’ha presa. Con l’aria che tira ci si può aspettare che chi salva il suicida invece di un premio, si prenda una denuncia.

Il sentimento

Il suicidio è un grido di aiuto che chiede una risposta. Che si incrementino le cure per tutti, soprattutto per le persone con disagio mentale, per le persone abbandonate e in difficoltà. E si smetta di dire che tutto quello che decidiamo nella nostra solitudine è fatto bene. Troppo facile per gli Stati aprire al suicidio, che li deresponsabilizza dall’obbligo della solidarietà.

Link esterni:

Suicidio: catechismo della chiesa cattolica
Depressione
Depressione e suicidio assistito

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Carlo Bellieni

Carlo Bellieni è neonatologo, dirigente medico presso l'Unità Operativa di Terapia Intensiva Neonatale Policlinico Universitario di Siena e consigliere nazionale Associazione Scienza & Vita

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