È il primo imperativo: la preghiera non va data per scontata. È un’arte che sempre bisogna reimparare. È una capacità che si riceve tenendo lo sguardo spalancato sulla storia, facendo di ogni accadimento un motivo di lode o di supplica al Signore.
È uno stadio permanente della volontà, “connessa” con il Cielo. La preghiera non può esaurirsi nello spazio di un rito o di un incontro comunitario.
Come ha affermato il Santo Padre Benedetto XVI, «anche coloro che sono molto avanzati nella vita spirituale sentono sempre il bisogno di mettersi alla scuola di Gesù, per apprendere a pregare con autenticità» (Udienza generale, 4 maggio 2011).
In profonda sintonia spirituale con il suo predecessore, il quale consegnò all’umanità intera un “programma” per il Terzo millennio: «Le nostre comunità cristiane devono diventare autentiche “scuole” di preghiera… una preghiera intensa, che non distoglie dall’impegno nella storia: aprendo il cuore all’amore di Dio, lo apre all’amore dei fratelli e rende capaci di costruire la storia secondo il disegno di Dio» (Beato Giovanni Paolo II in Novo Millennio Ineunte, 33).
La preghiera, dunque, esige “occhi aperti”, coscienze sveglie, volontà affrancate da ogni pigrizia o diserzione. Non ci stanchiamo di ripeterlo: la vita cristiana ha bisogno di autenticità, di nuova interiorità di fede, di ritrovata intimità con Dio: niente più della preghiera provvede a soddisfare questi bisogni.
La nuova evangelizzazione nasce, cresce e si sviluppa mediante la testimonianza di uomini che sanno coltivare il desiderio di Dio nella preghiera e di intima comunione con la persona dello Spirito Santo, colui che fa del nostro pregare uno “stile di vita”, di una vita nuova, buona, piena, felice.
È questa la ragione per la quale sempre Papa Giovanni Paolo II affermava che «[la preghiera] è il segreto di un cristianesimo veramente vitale, che non ha motivo di temere il futuro, perché continuamente torna alle sorgenti e in esse si rigenera» (Novo Millennio Ineunte, 32).
Nel documento preparatorio del Sinodo dei Vescovi “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” si rimarca la necessità di “ritornare alla preghiera”, di modo che le parole umane lascino il primato alla Parola di Dio.
Una nuova educazione alla preghiera, che presenti gli evangelizzatori più come “oranti” che come “oratori”. «La trasmissione della fede non avviene solo con le parole, ma esige un rapporto con Dio attraverso la preghiera che è la stessa fede in atto. In questa educazione alla preghiera… il soggetto educante è Dio stesso e il vero educatore alla preghiera è lo Spirito Santo» (Lineamenta per il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione, 15).