Gran Bretagna: contro le procedure che riducono l'aborto ad un intervento medico di routine

Grande preoccupazione dei vescovi di Inghilterra e Galles per la consultazione sull’aborto lanciata dal Ministero della Sanità che mira a modificare la legge di riferimento del 1967

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È allarme per la Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles per la consultazione sull’aborto lanciata dal Ministero della Sanità. Questa mira a modificare la legge nazionale di riferimento del 1967, che consente l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) solo per motivi di probabile “pericolo per la salute fisica o psichica della donna incinta o per figli”.

In particolare, la consultazione del Ministero vuole cancellare il requisito della normativa secondo cui una donna che sta valutando l’Ivg deve consultare un medico. Si propone, inoltre, che la procedura possa essere effettuata da un infermiere e al di fuori di una clinica, “nella privacy della propria casa”.

La preoccupazione dei presuli britannici ha preso forma in una lettera aperta di mons. Peter Smith, presidente dell’Ufficio episcopale per la responsabilità cristiana e la cittadinanza, al Ministro della sanità Jeremy Hunt. Nella missiva – di cui la Radio Vaticana ha ripreso alcuni stralci – mons. Smith pone in luce innanzitutto “la tragedia personale e sociale” che si cela dietro l’aborto ed invita il Ministro “ad una consultazione più ampia ed allargata” per discutere “in modo aperto e chiaro su un tema così delicato e difficile”.

Il presule sottolinea, quindi, che “l’opposizione della Chiesa cattolica all’Ivg è chiara e ben nota”, ed evidenzia come “molte persone, pur non essendo necessariamente d’accordo con la dottrina della Chiesa, non di meno sono profondamente turbate dai 200mila aborti procurati che si verificano ogni anno”.

E’ questa, secondo il presidente dell’Ufficio episcopale per la responsabilità cristiana e la cittadinanza, “una tragedia umana e sociale su vasta scala”, dal momento che l’aborto “è un atto con un notevole peso morale”. Le nuove procedure invece – osserva Smith – vorrebbero “eroderne il significato etico, riducendolo ad una semplice intervento medico”, quasi “una routine”. Il presule richiama infine l’impegno portato avanti dalla Chiesa per “cercare di ridurre la necessità di abortire, fornendo sostegno alle donne con una gravidanza indesiderata e adeguato supporto sociale e finanziario alle loro famiglie”.

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ZENIT Staff

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