Nella Evangelii Gaudium Papa Francesco dedica molto spazio alla questione economica; specificatamente i nn. 53-54 “No a un’economia dell’esclusione”, i nn. 55-56 “No alla nuova idolatria del denaro”; i nn. 57-58 “No a un denaro che governa invece di servire”.
La storia dell’arte ha spesso riflettuto sulla questione del denaro, impegnandosi nella rappresentazione della “moneta del tributo”, ovvero sull’episodio raccontato dai Vangeli Sinottici. Vorrei soffermarmi sulla rappresentazione datane da Tiziano.
Tiziano dipinge La moneta del tributo per Alfonso I d’Este che, a partire dal 1516, lo incarica di eseguire alcune opere per il suo “Camerino d’Alabastro”, alla corte di Ferrara. La moneta del tributo è appunto la prima opera eseguita da Tiziano per questa destinazione. Egli ha allora circa 30-35 anni; infatti, recenti studi documentari hanno accreditato l’ipotesi che egli sia nato tra il 1480 e il 1485, nel ben noto luogo di Pieve di Cadore. A quell’età è un pittore famoso e apprezzato nell’area veneta e non solo, avendo già dipinto importanti opere pubbliche e private. Nello stesso anno riceve anche la commissione dell’Assunta per l’altare maggiore di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia.
Poi Tiziano dipingerà per il Camerino d’Alabastro di Alfonso I una serie di opere dal tema mitologico: ispirandosi a un disegno di Fra’ Bartolomeo realizzerà poi successivamente il Baccanale degli Andrii e il Bacco e Arianna e poi ritoccherà anche il paesaggio del Festino degli dèi già realizzato da Giovanni Bellini nel medesimo “camerino”.
Questi dipinti di argomento mitologico, che affrontano temi ricavati per lo più dal libro delle Immagini di Filostrato, recano un messaggio di tipo morale e sociale. La mitologia classica costituisce, infatti, entro la cultura dell’Occidente cristiano, un profondo luogo di riflessione. In questo caso, le tematiche scelte inducono a meditare sulla immoralità di alcuni comportamenti eccessivi che degenerano nel vizio. La chiave di lettura di tutto questo ciclo commissionato a Tiziano da Alfonso I d’Este sta nel primo dipinto richiesto e cioè proprio La moneta del tributo, l’unico dipinto dal tema non mitologico ma evangelico: la Rivelazione di Gesù Cristo è il punto di vista che consente di comprende ogni cosa. Ancora una volta notiamo, dunque, che per guardare i cicli mitologici pittorici del Rinascimento occorre una corretta prospettiva; in questo caso è data da un elemento interno, e cioè un dipinto del medesimo ciclo, ma nello stesso tempo esterno, e cioè di argomento non mitologico.
La moneta del tributo, poi ridotta nelle dimensioni, è attualmente conservata nella ricchissima pinacoteca della Gemäldegalerie di Dresda.
Questa opera impegna Tiziano nell’esecuzione di un difficile passaggio dei Vangeli, relativo al rapporto tra il regno di Dio e il denaro. Il tema doveva indurre a meditazione sulla realtà presente, infatti era destinata a coprire l’anta di un armadio contenente una collezione di preziose medaglie.
I Vangeli sinottici (Mt 22, 15-22; Mc 12, 13-17; Lc 20, 20-26) narrano che alcuni farisei ed erodiani furono mandati da Gesù per metterlo in difficoltà con una domanda insidiosa: «Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?”» (Mt 22, 13-17). Si tratta di un inganno, perché una risposta negativa lo avrebbe messo in difficoltà di fronte alle autorità ed al governatore e una affermativa di fronte al popolo. Ma Gesù conosce la malizia e l’ipocrisia dei loro cuori: proprio loro, mentre lo chiamano giustamente maestro veritiero, che insegna la via di Dio secondo verità, tentano di ingannarlo, di porlo con le spalle al muro, di «coglierlo in fallo nei suoi discorsi». Ma Gesù non solo insegna la verità e la via di Dio, Egli è la Verità e la Via.
I Vangeli infatti testimoniano che Gesù risponde in modo non previsto: «“Ipocriti, perché mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo.”. Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: “Di chi è questa immagine e l’iscrizione?”. Gli risposero: “Di Cesare”. Allora disse loro: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”» (Mt 22, 18-21).
Nei tre racconti, a questo dialogo segue il silenzio: chi voleva coglierlo in fallo, si trova ridotto a pensare senza parlare. Matteo dice che i farisei rimasero sorpresi, Marco ammirati, Luca meravigliati. Senz’altro si trovano di fronte a una verità che non può lasciare indifferenti.
Tiziano nella sua opera mette a fuoco solo due volti: quello di Gesù e quello di un fariseo. Gesù guarda negli occhi il suo interlocutore, mentre indica la moneta che questi gli porge, senza toccarla. Narrativamente Tiziano coglie dunque il momento in cui Gesù, davanti alla moneta, domanda di chi siano l’immagine e l’iscrizione, ed esorta a ridarla a Cesare. Ma l’opera non ha solo una valenza narrativa. La stessa destinazione per la quale è stata dipinta impone un risvolto meditativo, contemplativo. I due volti affiancati, e soprattutto il bellissimo volto di Gesù, inducono a riflettere su quanto è di Dio, su quanto dobbiamo ridare a Dio. Gesù non indica solo la moneta del tributo dipinta nel quadro, ma, in certo modo, anche le medaglie preziose racchiuse nell’armadio di cui il dipinto è anta; indicando non solo il valore numismatico e quello storico ma offrendo anche una ulteriore riflessione, attraverso un gioco di parole attorno al lemma della moneta, su ciò che è falso e ciò che è vero.
I due volti affiancati evidenziano la differenza anche somatica tra la verità e la falsità, tema poi ulteriormente sviluppato in tutto il Cinquecento fino a giungere ai dipinti di Caravaggio, per esempio nei temi della Flagellazione di Gesù, dove gli aguzzini esprimono nell’aspetto fisico la brutalità dell’anima.
Nel dipinto di Tiziano, la bellezza del volto di Gesù è veramente notevole: tutta la bellezza della verità che è vita.
Gesù guarda negli occhi il suo interlocutore, e in quello sguardo c’è tutta la vita divina.
La mano ha le dita poste in simbolo trinitario, così come l’aureola è crociata. Gesù è il Figlio di Dio, vero Dio e vero uomo: da qui l’incredibile bellezza di quel volto, che traduce la bellezza delle parole narrate dal Vangelo.
Quanto volte, forse, gli astanti di fronte a questa tela si saranno interrogati su quanto dovevano ridare a Cesare e quanto dovevano dare a Dio! La risposta è negli stessi Vangeli: da Dio tutto viene, a Dio tutto si dà. Come dice con pienezza la prima epistola ai Corinzi: «il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio!» (1 Cor 3, 23).
Rodolfo Papa, Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, docente di Storia delle teorie estetiche, Pontificia Università Urbaniana, Artista, Accademico Ordinario Pontificio. Website: www.rodolfopapa.it Blog: http://rodolfopapa.blogspot.com e.mail: rodolfo_papa@infinito.it