Conservare la memoria per il rispetto della persona e dei suoi diritti fondamentali

Omelia dell’Arcivescovo di Trieste, in occasione del Giorno del Ricordo, pronunciata durante la Messa celebrata alla Foiba di Basovizza

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Distinte autorità, cari amici, fratelli e sorelle!

Ricorre quest’anno il decimo anniversario della legge istitutiva del Giorno del ricordo. Fu quello, nel 2004, un atto esemplare del Parlamento italiano. Il testo della legge, pur nel rigore formale della sua espressione giuridica, è assai impegnativo nei suoi intendimenti, affermando: “La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale Giorno del ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.

Siamo tutti invitati, quindi, in questo giorno così particolare, a conservare e rinnovare la memoria di una tragedia che violentemente colpì anche le nostre amate terre.

Conservare e rinnovare la memoria non significa continuare ad alimentare odi e recriminazioni, che ormai sarebbero ingiustificati sul piano morale e anche sul piano storico.

Conservare e rinnovare la memoria significa piuttosto andare, con sincerità e chiarezza, alla ricerca delle ragioni – ideologiche, culturali e politiche – che hanno alimentato la violenza, la sopraffazione, la morte di tanti fratelli e sorelle.

Conservare e rinnovare la memoria significa soprattutto coltivare quei valori umani, civili e culturali che hanno nel rispetto della persona umana e dei suoi diritti fondamentali il loro punto di partenza e il loro orizzonte di senso.

Cari amici,  quando in Europa si è rispettato la persona umana, considerata nella sua dimensione integrale, si sono scritte pagine gloriose di solidarietà e di pace; quando in Europa si è disprezzato la persona umana si è stati travolti dall’odio della guerra e dalla decadenza morale.

Le tragiche esperienze vissute nelle terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e nella più complessa vicenda del confine orientale devono consolidare nelle nostre coscienze la consapevolezza della dignità assoluta dell’uomo – di ogni uomo – e a rendere trasparente l’esigenza del rispetto dei suoi fondamentali diritti.

“Esistono beni – scrisse il Beato Giovanni Paolo II che tra poco sarà canonizzato e che lottò tutta la vita per la promozione della persona umana – che non si possono acquistare al mercato: fondamentale tra essi è la dignità della persona umana.

Oltre ai bisogni materiali ci sono pure esigenze spirituali che per loro natura debbono essere soddisfatte nella gratuità di uno scambio, in cui la persona è riconosciuta ed amata per se stessa.

Occorre superare la mentalità meramente utilitaristica, che ignora le dimensioni trascendenti della persona umana e la riduce al circolo angusto della produzione e del consumo.

Una società così concepita non è capace di integrare i più deboli e poveri, né riesce a soddisfare ciò che attendono le nuove generazioni, anche per superare una certa diffusa cultura che le rinchiude in se stesse, le porta a ricercare paradisi artificiali ed a sfuggire alle responsabilità della vita familiare e sociale.

Occorre adoperarsi per una società nuova, in cui le persone possano contare di più, in cui alla lotta sia sostituito l’incontro di libertà e responsabilità, l’alleanza tra libero mercato e solidarietà, per promuovere un tipo di sviluppo che tuteli la vita, difenda l’uomo, specie il povero e l’emarginato, rispetti il creato, che è opera della mano di Dio”. E’ con questi sentimenti e propositi che vogliamo vivere il Giorno del ricordo.

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Giampaolo Crepaldi

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