In seminario ricevevo con ansia le lettere dalla mamma…che, meglio della penna, maneggiava il mattarello. Le lettere, prima di essere consegnate al collegiale destinatario, venivano lette dall’assistente che, una volta, ebbe il “coraggio” di leggerne una anche in pubblico deridendo il “cuore”… scritto con la “q”.
Straziato da un simile atteggiamento irridente, presi timidamente dalla sue mani la lettera. In disparte, quasi a cercare un angolo di intimità, me la lessi e me la rilessi, trovando e gustando sempre nuovi fiotti d’amore da parte della mia mamma che viveva molto lontana dal figlio undicenne.
Nessuna parola di riprovazione per l’assistente; non ne avevo il coraggio e non era nemmeno concepibile alcuna manifestazione di risentimento.
Ma se ora potessi dire qualcosa a lui, gli direi che quella lettera, come le altre lettere della mamma, la conservavo in tasca per potermela leggere e rileggere molte volte nei momenti liberi della giornata; e ogni volta vi riassaporavo l’amore e non mi accorgevo degli “strafalcioni”, se non come segno d’un amore particolare.
Del resto, più tardi la mia mamma venne a conoscenza della derisione alle sue espressioni sgrammaticate. Benché schietta come me, si limitò a dire: “Auguro al tuo assistente un cuore di mamma; solo chi ha il cuore di mamma può sorvolare sugli errori del figlio”.
Solo chi ha il cuore di Dio non si attarderà mai sui difetti del prossimo nel quale, comunque, saprà intravedere e amare il prediletto.
Ciao da p. Andrea
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