Lettura
Ancora una volta, come spesso capita di leggere nel Vangelo, abbiamo forti richiami all’Antico Testamento. La missione di Gesù, fin dai primi giorni della sua vita, è inserita in un contesto di fede giudaica. Maria e Giuseppe, infatti, portano il loro primogenito al Tempio di Gerusalemme, per “presentarlo” al Signore come prescrive la Legge. È nel Tempio che incontrano due anziani israeliti, Simeone e Anna, di cui il Vangelo dice che sono giusti e pii, digiunavano e pregavano nel Tempio.
Meditazione
Col passar degli anni, l’attesa che possa capitarci “qualcosa di meglio”, nella nostra esistenza, si fa più flebile: ci aspettiamo meno dal futuro, meno dalla nostra vita. Ricordiamo i tempi felici, di “quando ero giovane….”, e nel presente siamo presi dai piccoli e grandi problemi quotidiani. Ci aspettiamo, perché siamo realisti, poche cose buone dal futuro: speriamo che la salute sia buona e magari la figlia trovi un bravo marito. Poco altro. Simeone e Anna non erano così. Vivevano di poco, pochissimo, ed erano molto anziani. La loro vita non era stata più felice di quella di altri, anzi, Anna era stata anche piuttosto sfortunata perché perse il marito dopo soli sette anni di matrimonio. Ma tutti e due avevano deciso di vivere con lo sguardo rivolto al futuro, non alla loro vita passata. Ecco perché, quando Gesù venne portato al Tempio, Simeone lo ricobbe e lo “accolse tra le braccia”. Tante raffigurazioni artistiche mostrano Simeone mentre tiene il Bambino tra le sue braccia. Riconosce la salvezza, riconosce il futuro pieno di speranza preparato non solo per lui, ma per l’umanità intera. Non sta pensando al premio che lo attende dopo la morte, ma sta pensando alla salvezza che il Signore ha preparato per tutti, vede nel Bimbo la luce e la gloria di Israele. Vorremmo anche noi, ogni tanto, essere come Simeone e Anna: vedere oltre il cupo vivere quotidiano, riconoscere la speranza che attende noi, i nostri cari, la nostra comunità e forse l’umanità intera. Vorremmo essere lì, ad osservare la scena e partecipare alla promessa. Eppure, ad ogni Messa, il sacerdote tiene tra le sue mani Gesù. È il Bambino, il Signore presente nell’Ostia consacrata, la nostra speranza e quella del mondo. La vediamo, l’adoriamo, la tocchiamo, la consumiamo. Ma ci riempie il cuore di speranza tanto da poter dimenticare tutto, lasciarci andare al Signore, affidare a Lui ogni nostra preoccupazione? Potremmo imparare molto da questi due personaggi con così poche pretese.
Preghiera
Ora, o Signore, mi hai portato la pace. Posso abbandonarmi in te. Mi fido della tua Parola perché i miei occhi hanno visto la salvezza che hai preparato per tutti. Vedo la luce e la gloria che ci hai preparato.
Agire
Rifletto: verso dove è rivolto il mio sguardo? Qual è, per me, il senso della speranza cristiana?
Meditazione del giorno a cura della prof.ssa Alexandra von Teuffenbach, docente di Teologia e Storia della Chiesa, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it