di Antonio Gaspari

RIMINI, lunedì, 24  agosto 2009 (ZENIT.org).- E’ stato condannato all’ergastolo perché cattolico e perché osò criticare l’intervento militare sovietico contro l’Ungheria ma l’ingiustizia della condanna e diciannove anni nei campi di lavoro forzato (Laogai) non lo hanno piegato.

Domenica 23 agosto, al Meeting di Rimini, Harry Wu, presidente della Laogai Research Foundation (http://www.laogai.it/?page_id=9553), ha raccontato la propria storia ed ha spiegato la crudeltà dell’ideologia comunista che governa la Cina.

Wu ha denunciato la politica di aborti forzati e sterilizzazione, l’utilizzo dei campi di lavoro forzato, il commercio di organi di condannati a morte e detenuti, la persecuzione contro la religione cattolica e le altre religioni.

Nel corso della conferenza stampa di presentazione del Meeting, Wu Nongda, diventato Harry Wu quando ha ottenuto la cittadinanza statunitense, ha precisato che nella Repubblica Popolare Cinese “il cattolicesimo è tuttora illegale”.

“Tutti i templi e le chiese – ha aggiunto – sono proprietà del governo. C’è una religione di Stato che è il comunismo. E’ il governo che nomina i Vescovi e che tra non molto cercherà di nominare anche un Papa”.

Wu è nato a Shangai nel 1937 da una famiglia borghese. Nel 1949 il partito comunista prese il potere, instaurando una dittatura che dura da 60 anni.

A dodici anni Wu divenne cattolico, “ma non mi resi conto che fosse un problema” ha  commentato.

A vent’anni aveva una ragazza ed era diventato capitano della squadra di baseball. La sua vita cambiò quando decise di organizzare una conferenza sul comunismo e si azzardò a porre una domanda riguardante i fatti d’Ungheria, quando i sovietici schiacciarono militarmente la rivolta popolare.

Nel 1960, quando era  appena laureato e in attesa di un posto di lavoro fu preso dalla polizia che gli fece firmare un documento “coprendo con le mani la parte alta del foglio”. Venne arrestato e portato nei campi di lavoro senza conoscere i reati di cui era stato accusato.

Furono le guardie dei campi di lavoro che gli comunicarono che era stato condannato all’ergastolo.

Gli cascò il mondo addosso e in più occasioni pensò che forse era meglio lasciarsi morire, come facevano tanti detenuti nei campi di lavoro.

Per diciannove anni Wu è stato detenuto in dodici diversi campi di lavoro, senza avere il conforto neanche della visita di un amico, parente o conoscente.

Nel 1976 Mao Tse Dong muore e tre anni dopo Wu viene rilasciato.

Fugge negli Stati Uniti. Per alcuni anni vive senza neanche riuscire a raccontare quello che gli è accaduto. Poi il Senato americano gli commissiona un lavoro di ricerca sui lager cinesi conosciuti come Laogai, abbreviazione del cinese laodong gaizao, che significa ‘riformare attraverso il lavoro’.

E così oltre a raccontare la sua storia scopre che sono 1000 i campi di prigionia dove milioni di condannati lavorano gratuitamente con turni di 12 ore producendo merci che vengono immesse sui mercati di tutto il mondo.

Calcoli e testimonianze conservative parlano di 50 milioni di vittime nei campi di lavoro.

Nei Laogai i condannati vengono anche “rieducati”, nel senso – ha spiegato Wu – che “quelli del partito vogliono rieducare un intero popolo alla propria ideologia”.

 Tra i molti crimini del regime, Wu  ha raccontato della strage di bambini. In Cina infatti tutte le donne sono sottoposte alla politica del figlio unico.   

La politica di pianificazione familiare cinese priva i cittadini della più fondamentale delle libertà: la libertà di procreare. Le misure punitive previste per i trasgressori sono terribili e prevedono sterilizzazioni e aborti forzati, pestaggi, distruzione delle abitazioni, licenziamenti.

L’utilizzo utilitaristico del regime cinese dei cittadini arriva anche alla produzione e commercio di organi.

Wu ha raccontato che nel solo 2006 sono avvenute in Cina 30.000 operazioni di trapianto di organi. “Il 95 per cento di questi organi – ha rilevato – provengono da persone condannate a morte”. La Cina è il Paese con il più alto numero di esecuzioni al mondo.

A vent’anni dalla rivolta di Tien An Men, Harry Wu sta girando il mondo per far conoscere i crimini della dittatura cinese.

Tra i suoi libri pubblicati in italiano figurano: “Laogai, i Gulag di Mao Tze Dong” (ed. L’ancora del Mediterraneo, Napoli-Roma, 2006, traduzione dall'inglese di Laogai. The Chinese Gulag, 1991); “Controrivoluzionario. I miei anni nei gulag cinesi”, (ed. San Paolo, Cinisello Balsamo, 2008,  traduzione dall'inglese di Bitter Winds, 1994); “Laogai. L'orrore cinese” (Spirali, 2008); e “Cina. La politica demografica del figlio unico e le sue conseguenze” (Guerini Associati, 2009).