Come comunicare il messaggio di speranza

Un esperto raccomanda migliori strategie mediatiche

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di Padre John Flynn, LC

ROMA, domenica, 23 agosto 2009 (ZENIT.org).- L’inadeguatezza dei media in tema di religione è un problema frequente, tuttavia, un esperto sostiene che le Chiese stesse debbano migliorare molto nella comunicazione del loro messaggio.

Phil Cooke è figlio di un predicatore e gestisce la Cooke Pictures, una società di produzione e consulenza per i media. Nei suoi due recenti libri analizza i cambiamenti avvenuti nella cultura popolare e come la giovane generazione utilizza i media. In questo contesto afferma che se le Chiese vogliono essere ascoltate, devono rispondere adeguatamente alla nuova situazione.

Sebbene i libri si inseriscano nel contesto delle Chiese evangeliche degli Stati Uniti, essi contengono elementi validi per tutte le religioni che utilizzano i media.

Nel libro del 2008, intitolato “Branding Faith: Why Some Churches and Non-Profits Impact Culture and Others Don’t” (ed. Regal), egli ammette che l’idea di utilizzare un linguaggio come il branding in un contesto ecclesiale può sembrare inappropriata.

Tuttavia, alla fine, la questione non è solo un superficiale esercizio di maketing, ma riguarda il modo in cui la gente percepisce l’organizzazione e il suo messaggio. Quindi la sua proposta non è un tentativo di ribrandizzare la fede cristiana, un’idea che egli ritiene assurda, quanto piuttosto di trovare il modo di esprimere la fede in una cultura in cui dominano i media.

Nel descrivere alcuni cambiamenti della cultura contemporanea Cooke osserva che il termine mass media non è più adeguato. Oggi i media hanno una forte personalizzazione. Il numero dei canali TV è esploso negli ultimi anni, Internet ha aperto nuove possibilità di comunicazione e l’audience per i principali programmi televisivi e per la stampa è drasticamente diminuita.

Ma ancor più importante è il fatto che l’atteggiamento del pubblico è molto cambiato. In passato, i rappresentanti delle Chiese e gli operatori cristiani rispondevano alle richieste del loro pubblico e sapevano che il pubblico avrebbe ascoltato. Per contro, oggi è il pubblico che domanda e la sfida è di fare in modo che ascolti e risponda.

Percezione

La chiave per un efficace branding è la percezione, secondo Cooke. Questo è evidente se si vede l’entusiasmo della gente per le celebrities. Oggi, già solo apparire nei telegiornali conferisce notorietà, tanto da non rendere più necessaria l’effettiva realizzazione, ha osservato.

In questo senso è utile osservare come l’industria della pubblicità è passata dagli spot informativi a quelli emotivi. Molto spesso, oggi, quando vediamo una pubblicità, questa non riguarda il prodotto; piuttosto ci vengono descritte le sensazioni che avremo quando useremo il prodotto.

Mentre le Chiese possono affermare che la questione della percezione è solo una questione strumentale, Cooke raccomanda di considerarne il potenziale positivo.

Una marca di successo comunica idee, valori e standard. Esiste certamente un lato negativo nel branding, ammette Cooke. La compravendita dei prodotti attraverso la manipolazione e distorsione altera le nostre priorità.

D’altra parte, Cooke sostiene che spesso le Chiese comunicano male con la cultura. Per entrare in contatto con la cultura post-cristiana, dobbiamo parlare in un linguaggio ad essa comprensibile, ha spiegato. Questo significa rispettare i loro valori – anche se non li condividiamo – ed essere convincenti abbastanza da attirare la loro attenzione.

“Se vogliamo comunicare con successo un messaggio di speranza, dobbiamo capire che la cultura non pensa nel modo in cui noi pensiamo”, ha osservato Cooke.

Un mondo digitale

Nel suo libro pubblicato qualche mese fa, dal titolo “The Last TV Evangelist: Why the Next Generation Couldn’t Care Less About Religious Media and Why It Matters” (ed. Conversant Media Group), Cooke sottolinea che nella nostra era dell’informazione istantanea, la percezione assume un ruolo più che mai importante.

Noi siamo oggi pieni di scelte che dobbiamo compiere rispetto ai media. La giovane generazione, oltre ad essere pretenziosa nella scelta del mezzo di comunicazione, vuole anche interagire con esso.

“La generazione precedente era contenta di poter ascoltare le ultime omelie, ma quelli del Millennio vogliono prendere parte al dialogo e vogliono poter rispondere, altrimenti non sono interessati”, avverte Cooke.

Pertanto, Cooke suggerisce di iniziare a prendere contatto con la cultura ascoltando. Egli sottolinea anche che un singolo mezzo di comunicazione non è più sufficiente a catturare la piena attenzione del consumatore.

Mentre più opzioni mediatiche vengono rese disponibili, anziché eliminare quelle precedenti, queste vengono semplicemente aggiunte all’insieme. Questo significa che offrire il semplice programma televisivo o radiofonico non è più sufficiente.

Cooke insiste inoltre sul fatto che le Chiese devono tenere conto dell’aumento dei media sociali. Sono poche le persone sotto i trent’anni che non hanno una pagina personale o un sito di social network.

Il cause maketing è un’altra caratteristica dei nostri tempi. Le società hanno scoperto che sostenere le organizzazioni caritative può essere utile al mondo degli affari. Le giovani generazioni sono attirate dal cause marketing e anziché semplicemente donare soldi, si identificano con una causa.

Le tecnologie mobili e il blogging sono altri sviluppi a cui le Chiese devono prestare maggiore attenzione, sostiene Cooke.

Raccomandazioni

In questi suoi due libri, Cooke fa una serie di raccomandazioni agli esponenti delle Chiese su come migliorare la comunicazione del loro messaggio.

Uno dei punti principali riguarda il potere dell’immagine. I giovani oggi parlano il linguaggio dell’immagine, ha commentato. Quindi se le Chiese vogliono avere un impatto, l’immagine è il linguaggio che devono imparare. Senza un elemento visivo, è molto più difficile raggiungere la gente oggi.

Cooke ha anche avvertito del rischio di inseguire la rilevanza. “La maggior parte della gente lavora tanto per essere qualcuno, rimanendo tuttavia nell’irrilevanza”, ha osservato. L’errore è quello di confondere la rilevanza con la moda”. La rilevanza non si ottiene inseguendo la moda, ha affermato Cooke, ma resistendo alla prova del tempo: verità eterne, con la “V” maiuscola.

In particolare, nel suo secondo libro, Cooke critica la tendenza a concentrarsi sui messaggi negativi. Boicottare e diffamare semplicemente non funziona, sostiene.

“Oggi i cristiani sono noti per essere contro tutto”, ha affermato. “Invece dovremmo essere noti come persone in favore di qualcosa, qualcosa di positivo che può trasformare la vita delle persone e la cultura stessa”, sostiene Cooke.

Certamente è necessario chiamare male ciò che è male e mobilitarsi per cambiare la situazione. Ciò che invece dovremmo evitare, secondo Cooke, è di fare di una questione il nemico da combattere.

Cooke sostiene inoltre che in futuro non si parlerà di media cristiani, ma di cristiani che fanno media. Non si tratta di costruirsi un porto sicuro dove potersi proteggere dal mondo, ma di entrare in contatto con la cultura contemporanea e comunicare il messaggio del Vangelo.

Dare senso

Egli sostiene inoltre che la ricerca del senso è la più potente forza nel mondo. Ciò che dobbiamo fare è mostrare alla cultura che non siamo contro di loro, che abbiamo una storia interessante e che questa può cambiare la loro situazione. Quando questo avviene sono sicuro che ascolteranno, afferma Cooke.

Cooke critica la tendenza di alcune Chiese cristiane di fornire ai propri utenti risposte presentate come facili e semplici. Dobbiamo invece ammettere che spesso le risposte giuste sono difficili. In questo senso l’azione mediatica delle Chiese coinvolgerà il pu
bblico nelle questioni, per aiutarli a trovare le risposte.

Dobbiamo cercare di raggiungere il mondo con un messaggio di speranza, conclude Cooke. Un tema che è tra le priorità centrali proposte da Benedetto XVI, in particolare nella sua enciclica dedicata alla speranza.

Dobbiamo cercare, conclude Cooke, di raggiungere il mondo con un messaggio di speranza. Un consiglio utile per ogni Chiesa.

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ZENIT Staff

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