Il cappellano di Rebibbia: disinteresse per la situazione dei detenuti

Si scambia la sicurezza con il “mettere il più possibile persone in carcere”

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ROMA, giovedì, 20 agosto 2009 (ZENIT.org).- La situazione drammatica delle carceri italiane si trascina ormai da troppo tempo senza che nessuno si sforzi di porvi seriamente rimedio: è quanto ha affermato don Piersandro Spriano, cappellano del carcere di Rebibbia di Roma, in un’intervista alla Radio Vaticana.

Secondo i dati del Ministero della Giustizia italiano, i detenuti attualmente presenti sul suolo italiano sono in tutto 63.771 a fronte di 43.327 posti regolamentari.

Nei giorni scorsi i detenuti di diverse carceri italiane hanno una forte protesta a causa delle difficili condizioni di vita all’interno delle celle, aggravate dal grande caldo e da un cronico sovraffollamento.

“La situazione è grave da molto tempo – ha spiegato don Piersandro Spriano –: non grave solo rispetto ai numeri, è grave perché non si prendono decisioni di nessun tipo rispetto alla vita quotidiana ordinaria di queste 64 mila persone”.

“Si fa finta che non esistano e allora non ci sono i soldi per fare nulla, mancano gli operatori per fare qualche attività di recupero”, ha aggiunto il cappellano di Rebibbia che tempo fa ha indirizzato una lettera a Benedetto XVI, pubblicata il 13 agosto scorso dal “Corriere della Sera”, per denunciare le condizioni di degrado in cui vivono le migliaia di detenuti e chiedere al Papa di visitare il penitenziario della Capitale.

In merito alla politica di sicurezza portata avanti dell’attuale governo, don Spriano ha affermato: “Mi sembra che attualmente significhi mettere il più possibile persone in carcere, tutte quelle che in qualche modo danno fastidio alla società libera”.

“Si sono penalizzate cose che non erano reati prima – ha aggiunto – […] Questa non è – dal mio punto di vista – ‘sicurezza’, se non apparente, perché queste persone poi – perché non ci sono i mezzi, non ci sono le risorse umane – non vengono assolutamente aiutate a ripensare al loro passato e a poter tornare in società!”.

“Nessuno si chiede ‘come’ tornano: questa è una falsa “sicurezza!”, ha commentato.

Riguardo al nuovo piano-carceri – che dovrebbe andare in Consiglio dei ministri entro il 15 settembre – annunciato nei giorni scorsi dal Ministro della Giustizia Angelino Alfano, che ha chiesto all’Unione Europea fondi per la costruzione di nuovi edifici, il cappellano ha parlato di “una misura che non contrasta nulla”.

“Per costruire carceri, lo sappiamo tutti, ci vogliono anni e anni – ha sottolineato –; ne abbiamo già costruiti e sono lì, come monumenti inutili, perché poi non ci sono i soldi per riempire le carceri delle strutture necessarie, per riempire le carceri di personale di custodia, di operatori dei trattamenti, ect.”

“E quindi, se non si mette mano al Codice penale, alla depenalizzazione dei reati, a non immaginare che tutto debba essere semplicemente ‘punito’ con il carcere, io credo che potremmo costruirne 100 all’anno e non risolveremmo il problema”, ha poi osservato.

Secondo il sacerdote, “la maggior parte dei detenuti attualmente sono in una situazione di apatia perché capiscono che non si vuole andare da nessuna parte se non detenerli e basta”.

“Io chiederei a noi cittadini liberi, e poi a noi cristiani, di provare ad aprire la nostra mentalità per accogliere queste persone nel momento in cui – per esempio – escono”, ha suggerito.

Infatti, ha sottolineato, “la gran parte di quelli che escono automaticamente sono pressoché costretti a tornare in carcere perché non trovano più alcun tipo di accoglienza da parte di nessuno”.

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ZENIT Staff

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