di Paolo Centofanti
ROMA, giovedì, 31 luglio 2008 (ZENIT.org).- L’ostensione della Sindone di Torino, annunciata da Benedetto XVI per il 2010, è una “opportunità provvidenziale” per capire il suo significato spirituale, considera il sindonologo padre Gianfranco Berbenni.
Docente titolare del corso “La scienza e la teologia di fronte alla Sindone” per il Master in Scienza e Fede dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, il sacerdote promuove in questa intervista una ricerca scientifica che eviti la spettacolarizzazione.
Nella conversazione analizza anche il recente esperimento dell’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), guidato dal dr. Giuseppe Baldacchini, che ha portato alla realizzazione di immagini (link SRM) strutturalmente comparabili (coloratura delle fibrille superficiali del telo, etc.) con l’immagine dell’Uomo della Sindone.
Cosa ne pensa dell’annuncio dell’ostensione pubblica della Sindone?
Padre Berbenni: E’ una opportunità provvidenziale per poter procedere in una pastorale che abbia nella Passione e Risurrezione del Signore Gesù il proprio centro, ed è una opportunità provvidenziale perché la Sindone sia un testimone privilegiato, accanto e a servizio dei Vangeli e dei Sacramenti, e possibilmente dia occasione per impegni sociopolitici, specialmente nel mondo delle emergenze e della carità, molto più intensi.
In questi ultimi mesi sembra vi sia un nuovo interesse per la Sindone. Cosa vede di positivo e cosa eventualmente di potenzialmente negativo, come ad esempio eventuali forme di spettacolarizzazione?
Padre Berbenni: Di positivo vedo un aspetto, che per la scienza è normale, cioè quello di non abbandonare mai l’analisi di un oggetto. In questo caso la Sindone per la scienza è un reperto archeologico, un tessuto con delle impronte sanguigne di una persona uccisa in determinate condizioni. Che la scienza continui è normale e benvenuta prassi, direi.
Forse sussiste una ricerca di spettacolarità scientifica, e questo è un elemento di debolezza dell’attuale ricerca. Occorrerebbe, credo, rimettere le carte in gioco, riportando ‘la partita’ a uno svolgimento normale, semplice, senza angustie di ritrovamenti spettacolari.
Più che la mediaticità è proprio la spettacolarità del procedere scientifico che è in gioco qui. Anzi c’è un pericolo, almeno per noi sacerdoti: se anche accadesse che si dovesse raggiungere il livello di affidabilità circa una radiazione che permette una diffusione superficiale dell’impronta corporea sindonica, il pericolo grande è che gli stessi scienziati inizierebbero a ‘fare teologia’ dicendo “abbiamo scoperto l’energia che ha provocato la Risurrezione”. Cosa che per i teologi è non solo molto discutibile, ma assolutamente in controtendenza con la strategia che i Vangeli hanno scelto quale causa determinante la fede nella Risurrezione, e cioè la testimonianza delle Scritture e degli apostoli. Il vero pericolo che sta dietro questo eccesso è nell’andare a cercare la causa dell’impronta superficiale sulla Sindone, è lo sconfinamento della scienza di laboratorio nella scienza teologica.
Bisognerebbe ripartire dal 1984, quando l’equipe americana dello STURP fece il punto sulle ricerche iniziate nel 1978 e presentò uno spettacolare “Programma formale di ricerca scientifica sulla Sindone di Torino”, rimasto purtroppo quasi del tutto assente nei dibattiti sindonici.
Bisognerebbe ripartire da lì, per discutere il dato della cosiddetta superficialità dell’immagine corporea sindonica, e sarebbe ancor più importante e auspicabile che il mondo medico si impegnasse di nuovo e ad alto livello nell’analisi della Sindone, specialmente con alcuni team di esperti di patologia legale. Il settore scientifico medico è molto minoritario nella quantità di ricerche sulla Sindone. Credo dovrebbe rimettersi in campo con molta forza.
Cosa ne pensa di questa sperimentazione realizzata dall’ENEA?
Padre Berbenni: E’ una sperimentazione scientifica interessante dal punto di vista dei risultati. Dal punto di vista sindonologico credo andrebbe collocata in un contesto più ampio di discussione.
Pensa che possa fornire in qualche modo elementi per una possibile spiegazione su come si sia formata l’immagine?
Padre Berbenni: Penso che procedano nella verifica dell’ipotesi della superficialità dell’immagine corporea quanti hanno difficoltà nel considerare la formazione dell’impronta corporea come semplice fenomeno naturale, di natura fisico-chimica. E credo che procederanno sulla via della ricerca di una energia che sia documentabile, come nel caso di questa radiazione ultravioletta. Tuttavia penso che sia necessario tenere molto ben presente anche l’ipotesi della formazione naturale, secondo cui non sarebbero impronte superficiali, anche perché gli stessi scienziati dello Shroud of Turin Research Project (STURP) avevano in progetto di verificare questo che a loro sembrava, dai primi elementi, postulati e raccolti, un dato incontrovertibile.