di Giuseppe Brienza
ROMA, mercoledì, 23 luglio 2008 (ZENIT.org).- Il 25 luglio 1978 nasceva Louise Brown, la prima bambina "concepita" in provetta. Per ricordare il 30° anniversario di questo evento, che da allora ha sconvolto in modo progressivo e inesorabile l'universo simbolico e materiale della procreazione umana e delle relazioni tra uomo e donna e tra genitori e figli, giovedì 17 luglio si è svolto a Roma un Seminario di studi dal titolo "Figli della provetta".
L'evento è stato organizzato su iniziativa del sottosegretario On. Eugenia Roccella dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali presso la Biblioteca del Senato "G. Spadolini".
Per dare l'idea di una rivoluzione, quella della provetta, che non ha paragoni nella storia dell'umanità, sono state divulgate a margine del convegno le stime di uno degli istituti di ricerca più accreditati nel settore, l'International Committee for Monitoring Assisted Reproductive Technologies (Icmart), provenienti da 52 Paesi che coprono i due terzi di tutte le procedure in vitro del mondo.
Secondo l'Icmart, sono circa 3 milioni i bambini nati da concepimento in vitro in tutto il mondo dal 1978 al 2006. Si stimano circa duecentomila nati all'anno (112.000 riportati nel 2002), su un milione di cicli di fecondazione (600.000 riportati).
La Danimarca è il Paese al mondo con la più alta percentuale di bambini nati da fecondazione in vitro (3.9% delle nascite) e, quasi la metà dei trattamenti riportati (600.000) viene da quattro Nazioni: Stati Uniti (112.000), Germania (85.000), Francia (64.000) e Gran Bretagna (37.000).
La "tecno-scienza", insomma, è entrata in maniera massiccia nel campo della procreazione umana, ha avvertito l'On. Roccella all'apertura del Seminario con la sua relazione intitolata "Tecnoscienza e trasformazioni della società, della famiglia e della maternità".
"Accanto al positivo, cioè al sostegno alle coppie infertili, che in questi trent'anni ha significato tre milioni di bambini che altrimenti non sarebbero nati, esiste però anche un lato oscuro della tecnomaternità, sia dal punto di vista scientifico, che da quello antropologico, e infine sul piano degli scenari possibili che abbiamo davanti", ha proseguito il "sottosegretario al Welfare". </p>
"Dal punto di vista scientifico - ha spiegato - temiamo innanzitutto il rischio di un eccesso di aspettative, soprattutto femminili, legate a promesse che non si possono realizzare, la principale delle quali è senz'altro quella di poter avere un figlio sempre e comunque, indipendentemente dall'età, dalle condizioni fisiche, dall'esistenza di un compagno. Un altro rischio è quello di cedere al sogno del figlio perfetto, che è soprattutto il figlio sano".
Josephine Quintavalle, fondatrice dell'associazione che opera nel campo della bioetica "CORE" (Comment on Reproductive Ethics), è intervenuta sul tema "Hands off our ovaries: giù le mani dalle nostre ovaie, una campagna internazionale", focalizzandosi sulla descrizione e sulla denuncia delle dinamiche che, con la fecondazione artificiale, fanno oggi della donna una "vittima" (nella propria dignità oltre che integrità psico-fisica) della "tecno-scienza".
Con una relazione sul tema "La fertilità in un mondo che cambia" Massimo Moscarini, Direttore del Dipartimento di Scienze Ginecologiche, Perinatologia e Puericultura dell'Università "La Sapienza" di Roma, ha descritto come la stessa sia in certa misura "responsabile" di molti degli attuali problemi della sterilità di coppia, che risultano in notevole aumento rispetto al passato.
Per le generazioni femminili "post-sessantottine", ha spiegato infatti lo specialista, la carriera "ha preso peso e dignità pari al matrimonio", esponendole maggiormente a fattori di rischio infertilità, fra cui il principale "è sicuramente quello che riguarda il procrastinare la gravidanza ad una età sempre più avanzata".
Il prof. Moscarini ha precisato che il processo di decremento della fertilità s'intraprende proprio nelle trentenni, quelle donne cioè che, avendo raggiunto un posto di lavoro soddisfacente, cominciano spesso a pensare ad avere il primo figlio, senza considerare però che "tra il 10 e il 20% delle donne sono sub fertili a 35 anni".
Risulta quindi ovvio, ha concluso il ginecologo, "quali conseguenze può avere e quali sorprese può portare posporre la maternità dopo i 30 anni e molto spesso anche verso i 40".
La seconda parte del convegno, dedicata al tema "A trent'anni dalla nascita di Louise Brown: bilanci e scenari di una società che cambia", ha visto l'animarsi di un dibattito moderato dall'On. Renato Farina, editorialista del quotidiano Libero.
Sono intervenuti, tra gli altri, il prof. Francesco D'Agostino, Presidente Onorario del Comitato Nazionale per la Bioetica e Ordinario di Filosofia del Diritto all'Università di Roma Tor Vergata, la psicanalista Marisa Fiumanò, direttrice del "laboratorio Freudiano" di Milano e la giornalista, de "Il Foglio" Nicoletta Tiliacos.