ROMA, giovedì, 26 luglio 2007 (ZENIT.org).- Oltre vent’anni dopo la pubblicazione della sua opera “Tiro avanti come un asino, a balzi e sobbalzi”, il Cardinale Roger Etchegaray pubblica “ Tiro avanti come un asino… piccole strizzate d’occhio al cielo ed alla terra”, un’edizione arricchita dalla sua lunga esperienza romana.

L’opera è edita dalle Edizioni Fayard.

Pubblichiamo di seguito la seconda parte dell’intervista che il Cardinale ha concesso a ZENIT. La prima parte dell’intervista è stata pubblicata questo mercoledì.

Lei parla di gioia di vivere, e allora parliamo del suo attaccamento al dialogo rispetto alla diversità umana, il suo attaccamento all’affermazione della gente , in generale, che inizia forse da quella delle sue origini basche… e che spiegherebbe la sua passione per i viaggi.

Cardinale Etchegaray: E’ esatto e vi ringrazio per aver sottolineato le mie origini basche. Ne sono molto fiero. Sono molto fiero di tutto ciò che il mio piccolo paese basco e la mia famiglia basca mi hanno dato per essere quello che sono oggi. Si dice che il basco è un avventuriero. Forse è vero.

Vi sono dei grandi avventurieri, dei corsari, ma vi sono anche dei missionari ed io penso ad uno di loro con molto affetto: San Francesco Saverio, che aveva una sorella sposata nel mio piccolo villaggio di Espelette. San Francesco Saverio, “l’uomo dai sandali di Vento”, che è andato fino in Giappone, che voleva andare in Cina e non è riuscito poiché è morto alle sue porte. Egli era autenticamente basco. Io non voglio paragonarmi a lui, ma in me vi è sempre stato qualcosa del missionario, innanzitutto come cristiano, poi come sacerdote, come vescovo ed ora come cardinale, nel senso in cui sono stato mandato dal Papa in missione nei quattro angoli del mondo.

Ho viaggiato molto, ma ho anche viaggiato per piacere, per gusto personale ed ancora oggi, alla mia età, sono pronto a fare dei grandi viaggi. E del resto ho ancora dei progetti di farne se la salute me lo consentirà. Credo che la mia testa funzioni ancora bene e posso quindi andarmene in giro per il mondo.

Viaggio per il piacere di farlo, ma anche perché Dio vuole fare di ogni uomo un messaggero del Suo amore, del Suo messaggio, che è un messaggio di fraternità.

Quando si è capito ciò, non si ha più voglia di restare fermi. Si prova un solletico sotto i piedi, si ha voglia di andare dappertutto. Ho fatto tutti i miei viaggi, tutte le mie missioni perché il Papa me lo chiedeva, ma con questo spirito.

Si riconosce l’ostinazione di un asinello, per riprendere il titolo del suo libro: “ Tiro avanti come un asino”… un titolo insolito…

Cardinale Etchegaray: E’ vero, quando vi dicevo all’inizio che il libro ha avuto molto successo, è anche, bisogna riconoscerlo, a causa di questo titolo un po’ bizzarro. A ciò è dovuta una gran parte del suo successo.

Mi sono paragonato all’asino innanzitutto perché amo molto gli asini, che non sono così “asini”come vengono descritti. Anche Gesù ha amato molto gli asini, poiché è stato proprio su un asinello che ha fatto la sua ultima entrata a Gerusalemme, proprio prima di dare la Sua vita per noi.

E lei ritiene che sia necessaria veramente l’ostinazione dell’asino per mantenere la fiducia nel mondo di oggi, nell’avvento di un mondo di pace? E’ questo il messaggio che Lei ci comunica nella sua opera?

Cardinale Etchegaray: L’asino ha molte qualità: è modesto, cammina lentamente, ma con un passo sicuro; cammina sui sentieri scoscesi e quindi lontani dalle autostrade, dove la velocità vi impedisce di vedere cavalcatura e cavaliere.

Ciò che manca oggi sono appunto degli asini su piccoli sentieri, dove ci si incontra e si chiacchiera.

Oggi si corre troppo, ci si incrocia appena, non ci si sfiora nemmeno, mentre la vita è fatta per guardarsi, non in modo egoistico, ma per imparare dall’altro tutto ciò che egli ci può dare di buono.

Ognuno di noi è una ricchezza, spesso peraltro incompresa: ci si crede sempre peggiori di quanto siamo. Quando ci si incontra, bisogna sapere che abbiamo molta felicità, molte cose buone, eccitanti da condividere e che ci danno ancora più il gusto di vivere.

Quindi, Lei è in pensione, ma tutto ciò che ci dice dimostra quando Lei sia in fin dei conti molto attivo…

Cardinale Etchegaray: Attivo certamente! Anche se non ho più ufficialmente delle responsabilità nella Chiesa, rimango sempre responsabile per i miei fratelli, a prescindere dall’età Dio mi ha concesso ancora una buona salute, ed anche se fossi sofferente, penso che continuerei ad essere attivo nel senso in cui la parola “attivo” significa “agire”.

Vi è innanzitutto la preghiera, poiché non si crede mai abbastanza all’importanza, all’efficacia della preghiera, questa comunicazione attraverso gli spiriti che ci avvicina a tutti.

E poi vi sono gli incontri: oggi la mia attività consiste nel ricevere molto. Io rifiuto molti inviti a congressi, conferenze, poiché preferisco raccogliermi, ma non mi chiudo. Voglio fare del mio appartamento a Roma un luogo aperto a tutti, farne una tenda come quella dei nomadi, un’immagine che amo molto poiché è un segno di apertura agli altri.

Una volta ho vissuto questa esperienza in alcuni deserti. E’ stato straordinario. Ed è quello che vorrei fare ora. Quale che sia il mio ministero, la mia missione. Rispondere a tutti coloro che bussano alla mia porta, sia i grandi che i piccoli. E per me non vi sono grandi o piccoli. Noi siamo tutti eguali ed io sono felice di ricevere chiunque.

E’ la mia gioia ed io sono ancora felice di esistere.