ROMA, giovedì, 5 luglio 2007 (ZENIT.org).- Il Superiore generale del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) ha convocato, per il 10 luglio prossimo, una giornata internazionale di preghiera “intensa e speciale” per padre Bossi, sequestrato nelle Filippine.
In questa data, in cui si compirà un mese dalla scomparsa del missionario del PIME, si eleveranno suppliche affinché “il Signore gli doni abbondante il coraggio, la speranza e la pazienza”, e perché tocchi il cuore dei suoi rapitori.
Padre Gian Battista Zanchi ha comunicato questa iniziativa per lettera – pubblica – ai missionari del PIME di tutto il mondo.
La preghiera si celebrerà nelle case dell’Istituto, nei cinque continenti; i fedeli sono invitati a partecipare (indirizzi disponibili su http://www.pime.org/it/pime_mondo/index.htm ). Nella Casa Generalizia del PIME a Roma, il superiore generale presiederà un’Eucaristia.
Finora – ha confermato questo giovedì l’agenzia del PIME “AsiaNews.it” – non si conoscono il luogo di detenzione di padre Giancarlo Bossi, i motivi del suo sequestro e gli autori.
Nella sua ultima lettera, padre Zanchi offre anche una riflessione sulla risposta del missionario al pericolo di vita. Per il suo interesse, pubblichiamo il messaggio diffuso mercoledì attraverso la pagina web ufficiale www.pime.org .
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Ai missionari del PIME
Loro sedi
Carissimi,
il nostro confratello P.Giancarlo Bossi è stato rapito il 10 giugno a Payao, nell’isola di Mindanao (Filippine), mentre si recava a celebrare l’Eucaristia domenicale in una comunità.
Fin dai primi giorni del rapimento il governo italiano si è attivato nel seguire da vicino la vicenda con l’Ambasciatore nelle Filippine, e in Italia con l’unità di crisi del Ministero degli Esteri.
La Santa Sede si è subito mobilitata attraverso il Nunzio e la segreteria di Stato.
Anche le autorità politiche, religiose ed ecclesiali di Payao, Prelatura di Ipil, e di Zamboanga si sono subito adoperate, insieme ai nostri missionari, per la liberazione di p. Bossi.
Tutti noi, insieme alla famiglia, alla parrocchia e agli amici di p. Giancarlo, siamo in attesa fiduciosa di notizie che annuncino la sua liberazione, ma dobbiamo dire che, fino ad oggi, non è stata fatta alcuna rivendicazione né sappiamo il perché del sequestro.
Mentre si stanno tentando tutte le vie per una soluzione positiva della vicenda, per noi missionari un fatto del genere non è un semplice fatto di cronaca, ma costituisce motivo di riflessione che ci deve
riportare all’origine della nostra vocazione e missione.
Proprio il vangelo della scorsa domenica (Lc 9, 51ss) parla di Gesù che si avvia decisamente verso Gerusalemme per donare la sua vita. In questo cammino verso Gerusalemme ci sono anche i discepoli, chiamati alla sequela e a condividere la sorte del loro maestro. Fin dall’inizio di questo viaggio di Gesù verso Gerusalemme vi è qualcuno che ne intralcia il cammino: i samaritani. Come allora, anche noi, oggi, constatiamo che nel mondo ci sono sempre persone che si oppongono al bene e preferiscono seguire strade diverse. Le difficoltà sorgono, però, non solo dall’esterno, anche dall’interno del gruppo dei discepoli c’è una reazione esagerata. Infatti Giacomo e Giovanni, reagiscono a questo intralcio e vorrebbero ricorrere alle maniere forti: “Vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?” (Lc 12,54). Gesù li rimprovera severamente. Il discepolo non deve fare guerre sante o crociate, ma è chiamato a seguire il Maestro.
A chi usa violenza, menzogna e persecuzione, il discepolo deve rispondere invocando benedizioni: “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori ” (Mt 5,44). E’ il comando di Gesù, è la richiesta dell’amore gratuito e incondizionato che non si aspetta alcun contraccambio e che, come quello di Dio, raggiunge anche chi fa il male. La preghiera per i persecutori purifica la mente e il cuore e fa vedere il malvagio con gli occhi di Dio, che non ha nemici. Quello che Gesù richiede non è altro che quello che lui è stato e ha fatto.
Di fronte al rapimento di p. Bossi, forse anche noi siamo stati tentati, come i due discepoli, di invocare interventi forti e sbrigativi. Dobbiamo superare questa reazione spontanea, questa tentazione, ricordando che l’incomprensione, il rifiuto, la violenza, la persecuzione, il martirio, fanno parte della nostra vocazione missionaria.
Il seguire Gesù nel suo impegnativo cammino verso Gerusalemme richiede una libertà interiore che è prima di tutto una libertà da se stessi ed è una sequela che esige totalità e radicalità.
La storia recente della nostra presenza in Mindanao è costellata dalla testimonianza di due confratelli che hanno offerto la vita e da un altro che ha subito, come p.Bossi, il sequestro. Nonostante questi rischi, sempre presenti e attuali, i nostri confratelli continuano la loro attività e la loro presenza, condividendo e dando la vita per la gente di Mindanao.
Il vero risultato della missione non è tanto nella risposta degli uomini, ma nella fedeltà del missionario al dono ricevuto. La validità della missione e dei suoi frutti sono nelle mani di Dio e Dio li mostrerà quando vorrà. Per il missionario la verifica è sulla sua fedeltà.
L’essere rimasti in Mindanao, nonostante tutti i rischi e le difficoltà, è senza dubbio una testimonianza di questa fedeltà.
Nella solennità dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo la liturgia ci ha ricordato l’arresto in prigione di Pietro: ” Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui ” (At 12,5).
La Chiesa si rivolge al Signore perché si rende conto che, senza di lui, non può uscire dalla situazione tragica in cui si trova. Ma è anche l’espressione di una fiducia profonda e totale in Dio che non abbandona mai i suoi; essi possono e devono rimettersi a lui che interverrà al momento e nel modo che solo lui vorrà.
Anche noi, mossi dagli stessi sentimenti e dalla stessa fede, vogliamo, insieme, rivolgere a Dio la nostra preghiera per la liberazione del nostro confratello p. Giancarlo Bossi. So che tutti, da subito, hanno rivolto al Signore preghiere di intercessione, tuttavia, in occasione del 10 luglio, a un mese dal rapimento, invito tutte le comunità del PIME, nelle diverse case e missioni, a un giornata intensa e speciale di preghiera per p. Bossi: il Signore gli doni abbondante il coraggio, la speranza e la pazienza; e per i suoi sequestratori : Dio tocchi il loro cuore e si ravvedano.
Si sono fatte e si stanno programmando iniziative e manifestazioni a diversi livelli per sollecitare la liberazione di p. Giancarlo. Ben vengano queste manifestazioni di sostegno e di solidarietà, ma non dimentichiamo la preghiera: siamo nelle mani di Dio.
La preghiera incessante della prima comunità cristiana è stata esaudita con l’invio di un angelo. Anche la nostra preghiera incessante, unita alla preghiera che sale a Dio da ogni parte del mondo, sarà esaudita. P. Giancarlo tornerà presto per la gioia dei suoi cari, per la nostra gioia, per la gioia della gente di Payao e di tutti coloro che hanno creduto nella potenza della preghiera e si sono prodigati in modi diversi per la sua liberazione.
In questo momento di sofferenza e di incertezza invochiamo l’intercessione e la presenza di Maria, Regina degli apostoli, e le chiediamo di poter presto cantare con lei il nostro Magnificat.
Cordialmente nel Signore
P. Gian Battista Zanchi
Roma, 3 luglio 2007
Festa di S. Tommaso apostolo