Discorso di Benedetto XVI al II gruppo di presuli polacchi in visita “ad limina”

Gli argomenti trattati: nuova evangelizzazione, presbiteri diocesani, Ordini religiosi e laicato

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CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 4 dicembre 2005 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo sabato da Benedetto XVI al II gruppo di presuli della Conferenza Episcopale della Polonia, ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della quinquennale visita “ad limina Apostolorum”.

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Cari Fratelli nel ministero episcopale,

Do il mio cordiale benvenuto a tutti Voi. Sono lieto di poter ospitare il secondo gruppo di Vescovi polacchi qui giunti per la visita ad limina Apostolorum.

1. La nuova evangelizzazione

Durante il suo primo pellegrinaggio in Polonia Giovanni Paolo II disse: “Dalla croce a Nowa Huta è cominciata la nuova evangelizzazione: l’evangelizzazione del secondo Millennio. Questa Chiesa lo testimonia e lo conferma. Essa è sorta da una viva consapevole fede, e bisogna che continui a servire la fede. L’evangelizzazione del nuovo millennio deve riferirsi alla dottrina del Concilio Vaticano II. Deve essere, come insegna questo Concilio, opera comune dei Vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici, opera dei genitori e dei giovani” (9.06.1979).

Era allora, se non il primo, uno dei primi interventi del mio grande Predecessore sul tema della nuova evangelizzazione. Parlò del secondo millennio, ma non vi è dubbio che stava pensando ormai al terzo. Sotto la sua guida siamo entrati in questo nuovo millennio del cristianesimo, prendendo coscienza della costante attualità della sua esortazione ad una nuova evangelizzazione. Con queste brevi parole stabiliva il fine: risvegliare una fede “viva, consapevole e responsabile”. Successivamente egli affermò che ciò doveva essere opera comune dei Vescovi, dei sacerdoti, dei consacrati e dei laici.

Vorrei oggi, insieme a voi, cari Fratelli, soffermarmi su questo tema. Sappiamo bene, che il primo responsabile per l’opera dell’evangelizzazione è il Vescovo, sulle cui spalle sono posti tria munera: profetico, sacerdotale, pastorale. Nel suo libro Alzatevi, andiamo! , specialmente nei capitoli: “Pastore”, “Conosco le mie pecore” e “L’amministrazione dei sacramenti”, Giovanni Paolo II, richiamandosi alla propria esperienza, tracciò il progetto del cammino del ministero episcopale perché porti frutti beati. Non occorre riportare ora i passi delle sue riflessioni. Tutti possiamo ricorrere al patrimonio che ci ha lasciato, ed attingere abbondantemente alla sua testimonianza. Sia per noi modello e stimolo il suo senso di responsabilità per la Chiesa e per i credenti affidati alla sollecitudine del Vescovo.

2. I presbiteri diocesani

I primi collaboratori del Vescovo nella realizzazione dei suoi compiti sono i presbiteri; a loro, prima che a tutti gli altri, dovrebbe rivolgersi la sollecitudine del Vescovo. Giovanni Paolo II scrisse: “Con il proprio stile di vita, il Vescovo mostra che «il modello di Cristo» non è superato e che, anche oggi, resta sempre attuale. Si può dire che una diocesi rispecchia il modo d’essere del suo Vescovo, le cui virtù – la castità, la pratica della povertà, lo spirito di preghiera, la semplicità, la sensibilità di coscienza – in un certo senso si inscrivono nei cuori dei sacerdoti. Questi, a loro volta, trasmettono tali valori ai fedeli loro affidati, ed è cosi che i giovani vengono indotti a dare una generosa risposta alla chiamata da parte di Cristo” (ibid. , p. 101).

L’esempio del Vescovo è estremamente importante: qui non si tratta soltanto di uno stile di vita ineccepibile, ma anche della premurosa sollecitudine affinché le virtù cristiane di cui scrisse Giovanni Paolo II, penetrino profondamente nell’anima dei sacerdoti nella sua diocesi. Per questo, il Vescovo dovrebbe fare particolare attenzione alla qualità della formazione nel seminario. Bisogna tener presente non soltanto la preparazione intellettuale dei futuri sacerdoti per i loro futuri compiti, ma anche la loro formazione spirituale ed emotiva. Durante il Sinodo del 1991 i Vescovi espressero la richiesta di un maggior numero di padri spirituali nei seminari, i quali fossero ben preparati a svolgere l’esigente compito di formare lo spirito e verificare la disponibilità affettiva dei seminaristi per assumere i compiti sacerdotali. Vale la pena tornare a quella richiesta. Recentemente è stato pubblicato il documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica riguardo all’ammissione dei candidati agli Ordini sacri. Vi prego, cari Fratelli, di porre in atto quanto è in esso indicato.

È importante che il processo di formazione intellettuale e spirituale non termini con il seminario. È necessaria una costante formazione sacerdotale. So che nelle diocesi polacche si attribuisce a ciò una grande importanza. Vengono organizzati dei corsi, giorni di ritiro, esercizi spirituali ed altri incontri, durante i quali i sacerdoti possono condividere i loro problemi e i loro successi pastorali, confermandosi vicendevolmente nella fede e nell’entusiasmo pastorale. Vi prego di continuare in tale prassi.

Il Vescovo, da parte sua, come Pastore, è chiamato a circondare i suoi sacerdoti di paterna premura. Dovrebbe organizzare i propri impegni in modo da aver tempo per i presbiteri, per ascoltarli attentamente e per aiutarli nelle difficoltà. In caso di crisi vocazionale, a cui i sacerdoti possono essere soggetti, il Vescovo dovrebbe fare il possibile per sostenerli e per restituire loro lo slancio originale e l’amore per Cristo e per la Chiesa. Perfino quando è necessaria un’ammonizione, non deve mancare l’amore paterno.

Rendo grazie a Dio perché Egli continua ad elargire alla Polonia la grazia di numerose vocazioni. In modo particolare la regione meridionale che voi, cari Fratelli, rappresentate, sotto questo aspetto è ricca. Avendo presenti le enormi necessità della Chiesa universale, Vi prego, di incoraggiare i vostri presbiteri ad intraprendere il servizio missionario, oppure l’impegno pastorale nei Paesi dove c’è scarsità di clero. Sembra che oggi questo sia un compito particolare, e in un certo senso perfino un dovere della Chiesa in Polonia. Inviando i sacerdoti all’estero, tuttavia, specialmente nelle missioni, ricordate di assicurare loro il sostegno spirituale e un sufficiente aiuto materiale.

3. Gli Ordini religiosi

Giovanni Paolo II scrisse: “Gli ordini religiosi non mi hanno mai reso difficile la vita. Con tutti ho avuto buoni rapporti, riconoscendo in essi un grande aiuto per la missione del Vescovo. Penso anche a quelle grandi riserve di energie spirituali che sono gli Ordini contemplativi” (Alzatevi, andiamo, p. 95).
La diversità dei carismi e dei servizi che compiono i religiosi e le religiose, oppure i membri degli istituti laici di vita consacrata, è una grande ricchezza della Chiesa.

Il Vescovo può e deve incoraggiarli ad inserirsi nel programma diocesano di evangelizzazione e ad assumere i compiti pastorali, conformemente al loro carisma, in collaborazione con i sacerdoti e con le comunità dei laici. Le comunità religiose e i singoli consacrati, sebbene di diritto soggetti ai propri superiori, “in ciò che riguarda la cura delle anime, l’esercizio pubblico del culto divino e le altre opere di apostolato” sono “soggetti alla potestà del Vescovo”, come recita il CIC (can. 678 § 1). Inoltre il Codice invita i Vescovi diocesani e i Superiori religiosi a procedere “nell’organizzare le attività apostoliche dei religiosi… su un piano di reciproca intesa” (can. 678 § 3).

Vi incoraggio molto, Fratelli, a circondare della vostra premura le comunità religiose femminili, che si trovano nelle vostre diocesi. Le suore che assumono svariati servizi nella Chiesa, meritano sommo rispetto, e il loro lavoro deve essere riconosciuto ed opportunamente apprezzato. Non devono essere private di un adeguato sostegno spirituale e di possibilità di sviluppo intellettuale e di crescita nella fede.

In modo particolare
vi raccomando di prendere a cuore le sorti degli Ordini contemplativi. La loro presenza nella diocesi, la loro preghiera e le loro rinunce siano sempre per Voi di sostegno e di aiuto. Da parte vostra cercate di venir incontro alle loro necessità, anche materiali.

Negli anni recenti, purtroppo, si osserva una diminuzione di vocazioni religiose, particolarmente di quelle femminili. Bisogna dunque, insieme ai responsabili superiori religiosi, riflettere sulle cause di questo stato di cose e pensare in quale modo si possano risvegliare e sostenere nuove vocazioni femminili.

4. Il laicato

Nella riflessione sul ruolo dei laici nell’opera di evangelizzazione ci introducano le parole del mio grande Predecessore: “I laici possono realizzare la propria vocazione nel mondo e raggiungere la santità non soltanto impegnandosi attivamente a favore dei poveri e dei bisognosi, ma anche animando con spirito cristiano la società mediante l’adempimento dei loro doveri professionali e la testimonianza di una vita familiare esemplare” (Alzatevi, andiamo! , p. 91).

In tempi in cui – come scrisse Giovanni Paolo II – “la cultura europea dà l’impressione di una «apostasia silenziosa» da parte dell’uomo sazio che vive come se Dio non esistesse” (Ecclesia in Europa), la Chiesa non cessa di annunziare al mondo che Gesù Cristo è la sua speranza. In quest’opera il ruolo dei laici è insostituibile. La loro testimonianza della fede è particolarmente eloquente ed efficace, perché è data nella realtà quotidiana e negli ambiti, ai quali un sacerdote accede con difficoltà.

Uno dei principali scopi dell’attività del laicato è il rinnovamento morale della società, che non può essere superficiale, parziale ed immediato. Dovrebbe caratterizzarsi per una profonda trasformazione nell’ethos degli uomini, cioè per l’accettazione di un’opportuna gerarchia dei valori, secondo la quale si formino gli atteggiamenti.

Compito specifico del laicato è la partecipazione alla vita pubblica e a quella politica. Nell’Esortazione apostolica Christifideles laici Giovanni Paolo II ricordò che “tutti e ciascuno hanno diritto e dovere di partecipare alla politica” (n. 42). La Chiesa non si identifica con nessun partito, con nessuna comunità politica né con un sistema politico, ricorda invece sempre che i laici impegnati nella vita politica devono dare una coraggiosa e leggibile testimonianza dei valori cristiani, che vanno affermati e difesi nel caso che siano minacciati. Lo faranno pubblicamente, sia nei dibattiti di carattere politico che nei mass media.

Uno dei compiti importanti, derivanti dal processo dell’integrazione europea, è la coraggiosa sollecitudine nel conservare l’identità cattolica e nazionale dei Polacchi. Il dialogo condotto dal laicato cattolico a livello di questioni politiche si dimostrerà efficace e servirà il bene comune quando alla base ci saranno: l’amore della verità, lo spirito di servizio e la solidarietà nell’impegno a favore del bene comune. Vi esorto, cari Fratelli, a sostenere questo servizio del laicato, nel rispetto per una giusta autonomia politica.

Ho elencato soltanto alcune forme dell’impegno del laicato nell’opera di evangelizzazione. Le altre, come la pastorale familiare, la pastorale dei giovani o l’attività caritativa, saranno il tema di un’ulteriore riflessione durante l’incontro con il terzo gruppo dei Vescovi polacchi. Ora vi auguro che un’armoniosa collaborazione di tutti gli stati di vita nella Chiesa, sotto la vostra illuminata guida, produca frutti di trasformazione del mondo nello spirito del Vangelo di Cristo.

Nell’affidare alla Madonna il vostro ministero episcopale, con affetto tutti vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

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ZENIT Staff

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