CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 19 maggio 2005 (ZENIT.org).– Per i cristiani la politica è “l’ambito più alto per esercitare l’attenzione e il servizio ai fratelli, cioè di vivere la carità”, sostiene il cardinale Renato Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.
Queste le parole pronunciate dal cardinal Martino nell’aprire il 18 maggio in Vaticano un Seminario di Studio sulla “Dottrina sociale della Chiesa come fondamento irrinunciabile per la formazione e l’impegno del laico cristiano”.
Promosso presso la sede del Dicastero nel Palazzo San Calisto dalla Federazione Internazionale degli Uomini Cattolici – Unum Omnes (FIHC), il Seminario ha trattato le difficoltà affrontate dal cristiano nel dover operare delle scelte in ambiti che implicano valori etici fondamentali quali la sacralità della vita, l’indissolubilità del matrimonio, il corretto uso dei media, etc.
Nel suo discorso Martino ha affermato che è necessario per il cristiano “evidenziare la necessità della dimensione etica della vita sociale e politica, come dimensione non facoltativa, ma costitutiva, dalla quale dipende la qualità della vita delle persone, delle famiglie, delle istituzioni e dello Stato”.
Il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha spiegato come “la disattenzione alla dimensione etica porta inevitabilmente alla disumanizzazione della vita e delle istituzioni, trasformando la vita sociale e politica in una giungla in balia della violenza e della legge del più forte”.
Martino ha ribadito che “l’intento del Magistero sociale della Chiesa è sempre stato finalizzato non tanto a dettare legge ai pubblici poteri, né a schierarsi politicamente da una parte o dall’altra, quanto piuttosto a ‘salvare la persona umana’, a edificare l’umana società”.
Di fronte ad un mondo che sembra appesantito dalle strutture di peccato e affascinato dalle sirene di utopie contrarie alla vita “il cristiano – ha sottolineato Martino – che è mosso dalla carità e dalla giustizia, non può accettare passivamente la presenza e il funzionamento di ‘strutture di peccato’; tanto meno può esserne sostenitore o responsabile a qualsiasi livello”.
“Come di fronte al peccato si attende dal cristiano un rifiuto preciso e una lotta interiore ed esteriore, così di fronte alle ‘strutture di peccato’ si esige da lui non un silenzio acquiescente, ma una denuncia franca e una opposizione netta”, ha aggiunto.
Rifacendosi agli insegnamenti del Magistero, Martino ha precisato che il nodo centrale dell’identità dei cristiani laici “è il loro essere discepoli di Cristo”.
In questa prospettiva il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa sottolinea la necessità di coltivare e di approfondire i tratti della propria identità, e cioè “la propria adesione a Cristo e al suo Vangelo come essenziale criterio di vita, la visione cristiana dell’uomo e del mondo secondo lo sguardo di Dio e della Chiesa, la passione per l’uomo e per la storia secondo uno stile di servizio che esprime la carità interiore”.
In altre parole, “è necessaria la coltivazione di una autentica e solida spiritualità laicale capace di generare uomini e donne nuovi, immersi nel mistero di Dio e inseriti nella società”, ha affermato il porporato.
“Una spiritualità – ha concluso Martino – capace di guardare oltre la storia, ma che non si allontana mai da essa; che coltiva un amore appassionato per Dio, ma è in grado di vedere Dio in tutti e amare tutti appassionatamente, come Dio li ama; che è espressione di una sintesi vitale, capace di redimere l’esistenza vuota e frammentata, di dare unità, significato e speranza”.