CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 13 maggio 2005 (ZENIT.org).- Monsignor Joan Esquerda Bifet, consulente della Congregazione per il Clero dal 1977 e della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli dal 2003, spiega l’importanza dell’Anno dell’Eucaristia e il suo rapporto con la missione, due temi fondamentali nei primi interventi del nuovo Papa, Benedetto XVI.
Il professore catalano, canonico di Santa Maria Maggiore e cattedratico emerito di missiologia presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma, ritiene che “l’Eucaristia e la missione hanno un legame intimo, essenziale”.
ZENIT lo ha intervistato nel Pontificio Collegio Urbano di Roma, dove risiede (come direttore spirituale) quando non è in giro per il mondo ad impartire lezioni o esercizi spirituali, soprattutto in Asia, Africa e America.
Perché era necessario un Anno dell’Eucaristia?
Monsignor Esquerda: In realtà noi cristiani vogliamo sempre imparare; il cristianesimo impara in continuazione, per cui di fronte a situazioni nuove è importante approfondire soprattutto gli aspetti legati al Mistero Pasquale, e l’Eucaristia è il centro della vita della Chiesa, come ha affermato il Concilio.
Una Chiesa che voglia seguire il cammino di santità e dell’evangelizzazione ha bisogno di approfondire il tema della Parola di Dio e soprattutto dell’Eucaristia. In questo senso era una necessità all’inizio del Terzo Millennio.
Che rapporto c’è tra Eucaristia e missione?
Monsignor Esquerda: Al di là della parola, ciò che conta è la realtà della missione. Ogni giorno, quando celebriamo l’Eucaristia, sentiamo dire “per voi e per tutti”. Gesù è morto per tutti. Ricordiamoci che è il pane di vita per la vita del mondo.
Il rapporto è fondamentale: celebrare l’Eucaristia è per tutta l’umanità e quanti non la conoscono hanno il diritto di conoscerla, perché Dio ha fatto questo regalo.
L’Eucaristia e la missione hanno un legame intimo, essenziale. Uno degli ultimi documenti firmati da Giovanni Paolo II (22 febbraio 2005) è proprio il messaggio per la Giornata Mondiale delle Missioni di quest’anno: “Missione: pane spezzato per la vita del mondo”.
Avverte delle differenze tra l’Eucaristia in Paesi di missione e in quelli che tradizionalmente non lo sono?
Monsignor Esquerda: E’ fondamentalmente la stessa cosa; ciò che cambia sono le manifestazioni cultuali-rituali, il modo di cantare, di partecipare… c’è qualche differenza, ma sostanzialmente è sempre lo stesso. Si entra nel tema dell’inculturazione: la liturgia è universale, ma si concretizza e si incultura in ogni luogo rispettando ciò che è essenziale per tutta la Chiesa.
La missione può essere confusa con il proselitismo?
Monsignor Esquerda: Bisogna sempre tener conto del fatto che le parole sono segni convenzionali e che ciò che conta è il significato che viene loro attribuito. Al giorno d’oggi la parola proselitismo ha una connotazione dispregiativa, come una sorta di imposizione, o un abuso. La missione non è proselitismo. Se noi abbiamo ricevuto un dono che è per tutta l’umanità siamo chiamati ad annunciarlo, a comunicarlo. Non possiamo imporlo, ma possiamo presentarlo con le parole e con la nostra testimonianza. Non c’è allora proselitismo nel senso negativo del termine. Tutti hanno invece bisogno di sapere che Dio si è fatto uomo per salvare tutta l’umanità.