BOLOGNA, mercoledì, 26 gennaio 2005 (ZENIT.org).- In una Europa decadente che sembra stanca e non aver voglia di vivere, è grande la sfida per i genitori che vogliono procreare ed educare i propri figli. Ma è solo così che si genera novità e speranza per il genere umano, ha affermato monsignor Carlo Caffarra.
Questo il discorso pronunciato dall’Arcivescovo di Bologna sul significato dell’ “essere genitori oggi”, durante una lezione tenuta il 25 gennaio a Castenaso (BO), e che conclude un corso di catechesi per adulti organizzato dalla parrocchia di S. Giovanni Battista, patrocinato dal Comune e sponsorizzato dalla Banca di Credito Cooperativo.
“La prima sfida che deve essere raccolta dagli sposi, è quella di divenire genitori”, ha esordito monsignor Caffarra.
L’Arcivescovo ha spiegato che è dalla nascita di nuovi uomini che si sviluppa la fede e la speranza, perché “ogni bambino che nasce è una novità assoluta e quindi è segno di speranza nel mondo. La nascita di ogni bambino è come un dire ‘uomini, si ricomincia da capo!’”.
“È il bambino che salva il mondo dalla sua ‘normale naturale rovina’. Novità e speranza sono le cifre di ogni nascita umana”.
Secondo il prelato “il concepimento di una nuova persona umana è un evento biologico e un evento spirituale. Fra i due eventi non c’è estraneità: l’uno è dentro all’altro; è il concepimento di una persona”.
“È quando il concepimento di una nuova persona umana avviene nell’amore coniugale che la nuova persona umana è riconosciuta nella sua unicità ed irripetibilità”, ha aggiunto.
“Ed è proprio per questo che la decisione di diventare genitori implica una attitudine di speranza –ha aggiunto l’Arcivescovo –, più precisamente la fiducia che nasce dalla convinzione che la vita è un bene e quindi donarla è una cosa giusta e degna”.
Caffarra ha poi riflettuto sulla sfida che interpella i genitori nel loro dovere di trasmettere dei valori ai propri figli: “Essere genitori infatti non si riduce al concepimento ed alla generazione di una persona umana: essere genitori significa essere educatori”.
“Educare una persona significa introdurla nella realtà; introdurla nella realtà significa mostrarle il significato della medesima: ciò che essa è, ciò che essa vale”. Uno dei rischi dell’educatore è quello di non saper rispondere alle domande di senso e quindi perdere autorevolezza, “e senza autorevolezza non si può educare”, ha sottolineato il prelato.
L’altro rischio è quello di abbassare, di restringere la misura alta della proposta educativa. Per cui ci si accontenta di trasmettere informazioni e regole di vita perché non ci si faccia del male e non si comunica “nessuna ragione seria perché si viva bene”.
“Essere genitori nel significato intero della parola significa far essere una nuova persona umana: dal suo concepimento fino alla pienezza della sua umanità”, ha ribadito l’Arcivescovo.
“Essere genitori: oggi è una sfida perché significa guardare la realtà come Dio l’ha guardata, e come Dio l’ha giudicata: era cosa molto buona”, ha detto in seguito.
Caffarra ha quindi sottolineato che “gli sposi possono raccogliere la sfida della vita, perché la vita dell’uomo è fondata su un avvenimento nel quale è apparsa in questo mondo la Vita eterna. Gesù è l’unico Vangelo della vita: non esiste alla fine nessun altra ragione per affrontare questa sfida”.
“Ogni persona umana, fin dal momento del suo concepimento è già predestinata a questa vita in pienezza, alla vita eterna che è in Cristo”.
Citando San Tomamso il prelato ha concluso ricordando che “il peccatore diventa vecchio perché si allontana dalla novità che è Cristo. E Quando ci si allontana dal Vangelo, non si accoglie più la sfida della vita”.