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Ue: fallito il tentativo di promuovere l’eutanasia

Il 5 gennaio è decaduta una dichiarazione firmata da alcuni europarlamentari sulla cosiddetta “dignità di fine vita”

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“Dichiarazione scritta sulla dignità alla fine della vita”. Questo il titolo del documento che, non avendo ottenuto il sostegno necessario da parte della maggioranza dei membri del Parlamento europeo, è decaduto il 5 gennaio scorso. Si è trattato del “primo chiaro tentativo di dare avvio all’agenda pro-eutanasia del Parlamento Europeo”, scrive in un comunicato stampa la Federazione One of US.

Tentativo fallito perché i firmatari non sono riusciti “a raccogliere abbastanza supporti”. La Dichiarazione infatti è stata firmata da meno del 13% dell’Assemblea dei Membri del Parlamento Europeo: 95 su 751.

Ad ottobre 2015, spiega One of Us,  un gruppo di 14 europarlamentari aveva proposto una dichiarazione scritta  sulla cosiddetta “dignità di fine vita”. Tra i firmatari, l’olandese Sophia in ‘t Veld e la belga Maria Arena, che pubblicamente avevano sostenuto Planned Parenthood nonostante il fatto che la sua affiliata statunitense avesse avuto gravi accuse per il commercio illegale di organi di bambini abortiti.

Le dichiarazioni scritte, precisa la Federazione, sono  strumenti del Parlamento europeo che non obbligano e sono utilizzate dagli europarlamentari per esprimere la loro preoccupazione su una questione politica che riguarda le competenze Ue. E l’eutanasia non rientra nelle competenze dell’Ue, ma in quello degli Stati membri.

Secondo il Regolamento del Parlamento (art. 136 par. 4 e 5), qualora una dichiarazione raccolga la firma della maggioranza dei deputati che compongono il Parlamento, essa è pubblicata nel processo verbale con i nomi dei firmatari ed è trasmessa ai destinatari senza tuttavia impegnare il Parlamento.

“Nella loro dichiarazione, basata su una scorretta interpretazione del principio di sussidiarietà ed sul concetto ingannevole di ‘protezione e miglioramento della salute pubblica’, gli europarlamentari  auspicavano una eutanasia a richiesta per persone malate, comprese  quelle  sofferenti per ragioni mentali o psicologiche”, si legge nel comunicato della Federazione One of US.

Anche nei Paesi dove ci sono le leggi più liberali in materia, questo ultimo punto ha suscitato ampi dissensi tra gli esperti in ambito sanitario, come un recente richiamo di numerosi accademici e medici belgi del dicembre scorso ha provato.

La dichiarazione conteneva 7 articoli il cui cuore era l’art.3: “Tutti i cittadini europei, indipendentemente dalla loro nazionalità, che si trovano in uno stadio avanzato o terminale di una malattia incurabile che provoca sofferenze fisiche o mentali insopportabili e impossibili da alleviare dovrebbero poter beneficiare dell’assistenza medica per porre fine alla loro vita con dignità”. L’eutanasia di Stato fu un’idea di Adolf Hitler, per risolvere in modo lapidario il problema delle cosiddette Lebensunwertes Leben, “vite indegne di vita”.

La Federazione informa che il 12 marzo prossimo lo One of Us European Forum si occuperà, tra le altre cose, dell’eutanasia e aprirà una discussione durante una sessione intitolata “deriva eutanasica in Europa, minaccia o realtà?”. Alcuni esperti in amnoto sanitario condivideranno la loro esperienza sui più recenti dibattiti come quello in Belgio sul diritto alla libertà di coscienza. Al forum parteciperanno vari rappresentati pro-vita europei e internazionali.

“Se anche per un’unica volta accettiamo il principio del diritto a uccidere i nostri fratelli improduttivi – benché limitato in partenza solo ai poveri e indifesi malati di mente – allora in linea di principio l’omicidio diventa ammissibile per tutti gli esseri umani. (…) È impossibile immaginare quali abissi di depravazione morale e di generale diffidenza perfino nell’ambito familiare toccheremmo, se tale orribile dottrina fosse tollerata, accettata, messa in pratica”.

Questa presa di posizione chiara del vescovo di Munster, mons. Clemens August Von Galen (beatificato il 9 ottobre 2005), nella predica del 3 agosto 1941, contiene l’invito alla speranza che nasce dal prendere posizione per la vita.

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Elisabetta Pittino

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