Una vera e propria apoteosi, con numeri paragonabili a quelli delle recenti canonizzazioni di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Intorno alle 16.15, momento dell’apparizione della jeep con a bordo papa Francesco erano già 300mila i fedeli giunti in occasione dell’incontro del Santo Padre con i rappresentanti della scuola italiana, promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana.

Poco dopo l’indirizzo di saluto del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, è intervenuto il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che ha definito il raduno odierno “una lezione speciale in questa classe altrettanto speciale che è la Chiesa di Roma”.

Rivolta al Pontefice, il ministro Giannini ha detto: “La scuola italiana guarda a lei con interesse e affetto”. Ha poi auspicato che il mestiere dell’insegnamento, torni ad essere “un lavoro qualificato e gratificante”, cui bisogna “restituire dignità”.

Prendendo la parola, papa Francesco ha detto: “Io amo la scuola. L'ho amata da alunno, da studente e da insegnante. E poi da vescovo”. Ha quindi rievocato alcuni momenti della sua esperienza personale in merito, menzionando la sua prima maestra: “Sono andato a trovarla tutta la vita, fino a quando è mancata, a 98 anni. Amo la scuola perché quella donna mi ha insegnato ad amarla”.

“Si vede che questa manifestazione non è ‘contro’, è ‘per’ – ha proseguito -. Non è un lamento, è una festa per la scuola. Sappiamo bene che ci sono problemi e forse cose che non vanno, lo sappiamo ma voi siete qui, noi siamo qui perché amiamo la scuola”.

Nell'educazione, ha aggiunto, “è sempre più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca. Questo ci farà bene per la vita. La missione della scuola è di sviluppare il senso del vero, del bene e del bello. E questo avviene attraverso un cammino ricco, fatto di tanti 'ingredienti'”.

Non può esistere una educazione “neutra”, ha detto ancora Francesco, poiché la scuola “ci educa al vero, al bene e al bello”. A tal proposito il Santo Padre ha fatto riferimento a don Lorenzo Milani, per il quale la scuola doveva essere sinonimo di “apertura alla realtà”.

“Nei primi anni si impara a 360 gradi – ha affermato -. Poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza. Ma se uno ha imparato a imparare, questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà!”.

Riprendendo un’espressione ascoltata durante le testimonianze, il Papa ha ricordato che la scuola non potrà mai essere un “parcheggio” ma sempre un “luogo di incontro nel cammino” e di questa “cultura dell’incontro” abbiamo sempre bisogno “per conoscerci, amarci, per camminare insieme”.

Il Pontefice ha anche sottolineato la necessità che scuola e famiglia siano due realtà “complementari” che collaborano “nel rispetto reciproco”, evitando le contrapposizioni.

“La famiglia - ha detto - è il primo nucleo di relazioni: la relazione con il padre e la madre e i fratelli è la base, e ci accompagna sempre nella vita. Ma a scuola noi 'socializziamo': incontriamo persone diverse da noi, diverse per età, per cultura, per origine... La scuola è la prima società che integra la famiglia”.

Di seguito, papa Francesco ha citato un proverbio africano: “per educare un figlio ci vuole un villaggio”. “Per educare un ragazzo ci vuole tanta gente, famiglia, scuola, insegnanti, personale assistente, professori, tutti”. E ha fatto ripetere il proverbio alla folla presente a piazza San Pietro.